«Sopravvissuti all’alluvione, non al low cost»
Lungarno Acciaiuoli, domenica chiude la storica manifattura Ugolini Mosaici
Sugli scaffali della Manifattura Ugolini ora ci sono solo fotografie in bianco e nero. Domenica prossima si abbasserà il bandone della storica Manifattura Ugolini Mosaici. «Siamo sopravvissuti a due guerre e all’alluvione, ma non al turismo mordi e fuggi», dicono sconsolate le due nipoti del fondatore.
Sugli scaffali della Manifattura Ugolini ora ci sono solo fotografie in bianco e nero. La grande vetrina, di legno e vetro, è vuota e coperta da una pesante tenda di stoffa verde, mentre poco più in là la cassettiera che divideva in due la prima stanza sta per essere portata via. Dei pendenti, delle spille e dei mosaici che hanno fatto la fortuna di questa ditta artigianale non c’è più nulla, e quel po’ che è rimasto è stato esposto in alcune teche nella speranza che qualche collezionista possa innamorarsene e portarselo via.
Ciò che, al termine della grande svendita, sarà rimasto in negozio verrà messo all’asta o proposto su internet. Per le due nipoti di Giovanni Ugolini — che nel 1868 aprì la bottega di famiglia prima in via dei Fossi e poi, 32 anni più tardi, in lungarno Acciaiuoli — non è stato uno scherzo veder scivolare via il lavoro della propria vita. Giorno dopo giorno, le sorelle Maria Luisa e Paola Antonelli, hanno visto la loro eredità affievolirsi e i debiti aumentare. «Ma ora basta! Chiudiamo — dicono con determinazione le ultime titolari della “G. Ugolini Mosaici” — Siamo sopravvissuti a due guerre, alla crisi del 1929 e all’alluvione del 1966. Ad ammazzarci ci ha pensato il turismo low cost». In che modo? «Quando il dollaro era forte gli americani compravano tanto e ci consentivano di andare avanti, di pagare i dipendenti, di acquistare la materia prima. Da qualche anno, invece, i turisti che arrivano a Firenze entrano nel nostro negozio solo per scattare foto. Non hanno alcuna conoscenza del prodotto e di conseguenza le vendite sono crollate. Sinceramente, lavorare per fare i buchi in banca non ci va più». E così, da domenica Firenze dovrà dire addio ad un altro esercizio storico: e non parliamo di un negozio qualsiasi ma di una bottega che per un secolo e mezzo ha dato lustro alla città. «Fino agli anni Ottanta avevamo un nostro laboratorio interno che lavorava le pietre dure — raccontano Maria Luisa e Paola — I nostri prodotti, per la loro fattura, erano apprezzati in tutto il mondo. Poi sono cambiati i clienti e con loro sono arrivate le difficoltà: abbiamo iniziato ad avere problemi con i rifornimenti, e gli articoli hanno perso l’appeal che avevano una volta». Le nipoti di Ugolini, per scongiurare la chiusura, le hanno provate davvero tutte («Abbiamo cercato di salvare questo mestiere ma attorno a noi c’è stato solo il vuoto»), si sono anche rivolte all’associazione che dovrebbe tutelare gli esercizi storici «ma non abbiamo ricevuto alcun sostegno». Qualche mese fa il caso ha voluto che tre antiquari proponessero alle ultime eredi di Giovanni di rilevare fondo e licenza, ma la burocrazia ci ha messo lo zampino. «Ci siamo rivolte al Comune per capire quale fosse la strada da seguire, purtroppo ci è stato risposto che essendo il nostro un negozio sotto vincolo anche da parte della soprintendenza prima di darci l’ok bisogna passare attraverso una commissione che però si riunisce a ottobre. Quel denaro ci sarebbe stato utile per coprire i debiti, Palazzo Vecchio però non ha voluto sentire ragioni. Intanto noi da domenica tiriamo giù il bandone, poi tra un mese vedremo cosa fare».
Passato e presente I nostri prodotti erano apprezzati in tutto il mondo, poi i gusti dei clienti sono cambiati