«Ripiantare il bosco? Attenti ai danni»
Pisa, tam tam sul web per far tornare verde il Monte Serra. Ma gli agronomi frenano
Di fronte a quel terreno grigio e a quell’odore acre di bruciato bisogna reagire. E in tanti, almeno con un clic (oltre 20 mila) si erano detti pronti. «Piantiamo Monte Serra». Cioè prendiamo una pianta e piazzamola al posto della cenere. Però non sarà così che rinascerà il bosco distrutto dall’incendio che per 45 ore ha bruciato i pini, le querce, i lecci e tante altre essenze che rendevano belle la Valgraziosa, Calci, Vicopisano. Non soltanto perché fino a che non si bloccherà il fuoco sotto la cenere, che ancora arde, non è proprio il caso neanche di avventurarsi dentro all’area da 1.500 ettari andata in fumo. Ma perché è proprio sbagliato. Lo hanno scritto subito in tanti, sempre sotto l’appello su Facebook. Gli esperti dell’Antincendio boschivo e della Forestale lo spiegano meglio. Non si tratta solo della stagione sbagliata, ma del fatto che i boschi non rinascono così, bensì con la «riforestazione sorvegliata». E prima c’è da fare altro.
Innanzitutto, spiega la Regione, c’è da fare la bonifica. Sotto al terreno, continuano a bruciare le radici. Fino a che non sarà disinnescato questo pericolo latente, si fa fatica anche a intervenire e fare il punto della situazione. «Ci vorrà almeno una settimana, per questa fase», spiega il sindaco di Calci Michele Ghimenti. Forse di più, se non pioverà.
Ecco, la pioggia. Da giorni, si sa che ci sarà da correre comunque contro il tempo per arrivare all’inverno con una situazione di messa in sicurezza idrogeologica. Le pendici irte delle zone bruciate ora sono pieni di cenere, rami trasformati in carbone. E il terreno stesso, in assenza della tenuta delle radici, si può sfaldare alla prima pioggia. Per questo verranno create, in fretta, barriere di protezione che impediscano a questo materiale di confluire nei tanti torrenti, minuscoli, di questo territorio: i tecnici del Comune di Calci, da ieri, cartina con il reticolo idraulico alla mano, stanno già pensando a dove e come farli. Interverranno con l’aiuto della Regione. Ma passato l’inverno, perché non ripiantare?
Legambiente della Valdera fa un esempio: «Introdurre piantumazioni artificiali è difficile e spesso inutile. Ricordiamo ancora bene che dopo l’incendio del 1987, sul monte Lombardona piantumarono querce e lecci: dopo due o tre anni non c’era più nemmeno traccia, sommerse dall’Ulex (i pruni ndr) che, nel frattempo era alto 2 metri!». E invece «i pini marittimi e i primi lecci e arbusti spontanei presero forza e tornarono a popolare il monte in 7-8 anni». Non solo: «Spesso — anche piantumando specie autoctone — si crede di fare un’opera buona, mentre invece si va solo a buttare via denaro e ad alimentare il business dei vivai forestali: per non parlare di chi potrebbe, in assoluta buona fede, portare specie alloctone (non di questo territorio ndr) che farebbero ulteriori gravissimi danni». Anche l’Ordine professionale toscano degli agronomi e dei forestali lancia un appello: sbagliare come intervenire «espone il bosco non solo all’azione perturbatrice delle sempre più frequenti calamità naturali eccezionali, ma anche e soprattutto all’azione antropica di carattere criminale». E allora, tutto questo entusiasmo, come sfogarlo? «Se proprio si vogliono spendere soldi e aiuti nell’ambiente del monte, si facciano dei piccoli interventi di incanalamento “a girapoggio”, per evitare che le piogge vengano giù in modo devastante ed erosivo e che dilavino troppo velocemente i suoli. E magari spendere di più per controllo e vigilanza antincendio». Insomma, molto meglio adottare un torrente, consiglia Legambiente. Il presidente Enrico Rossi lo ripete da due giorni: «Bisogna intervenire prima della stagione delle piogge sul rischio idrogelogico». Consigli e impegni che diventano già azione concreta: a Calci domani alle 17.30 al Comune, il primo ottobre a Vicopisano, verranno spiegate le «urgenti azioni da fare prima delle prossime piogge», cioè «pulizia delle canalette e delle fosse, e il ripristino della regimazione idrica minore dei poderi», ovviamente in ambito privato. Al resto, ci penserà il Comune: ma nel Pas (l’area ambientale) di Calci, gli operai forestali sono solo 6. Certo, in questa fase verranno aiutati da Regione ed altri Comuni. Ma forse l’invito a di Legambiente a investire anche in questo settore, è più che corretto. Sperando che non finisca come alla Verruca: qui c’è stato uno dei 10 incendi sopra i 40 ettari della zona, negli ultimi 30 anni. Era tornata verde (non un bosco, ci vogliono 30 anni), ma aveva cominciato a rinascere. Tutto bruciato tra la notte di lunedì e martedì.
Interventi
I tecnici stanno studiando come e dove creare barriere per frenare i detriti