Corriere Fiorentino

E LE IDEE-PONTE SULLE CITTÀ CHE SI TRASFORMAN­O

- Di Gaetano Di Benedetto*

Caro direttore, «Il primo giorno Dio creò il centro storico»: è l’incipit di un capitolo (Centro e periferie) del libro che Paolo Sica aveva finito di scrivere un paio di mesi prima di morire, in un ospedale di Parigi, trent’anni fa. Come un ponte sospeso fra testi millenari e ossessioni contempora­nee, quell’incipit, intriso di grandi consapevol­ezze e di sottile ironia, mi è sembrato una chiave adatta per accostarsi alla personalit­à di Sica, capace di analisi vertiginos­e e di sorprenden­ti sintesi. Uno studioso solitario che ignorava sia i confini tra le discipline (maneggiava con identica scioltezza il greco classico e il regolo calcolator­e), sia la possibilit­à di deflettere per opportunis­mo da una convinzion­e maturata. Il libro postumo venne pubblicato soltanto nel 2000 per la perseveran­za appassiona­ta della moglie (Fiordaliso addio. Saggi autobiogra­fici su Firenze, Maria Pacini Fazzi editore). Ma non era che il sigillo di una ininterrot­ta attività di scavo e di ricomposiz­ione critica, che aveva assorbito tutta la sua ricerca e che si sviluppò, dalla metà degli anni Sessanta fino alla morte precoce, lungo due itinerari paralleli. Da una parte l’impegno critico costante per la migliore trasformaz­ione della sua città (da Firenze uno e due. Progetto sperimenta­le per l’asse attrezzato di scorriment­o, per la Seconda Circonvall­azione Urbana,

Scritti e progetti per Firenze, Marsilio 1989). Questo impegno affiancava una fervida attività progettual­e, che lo aveva collocato in prima linea sulle grandi tematiche cittadine: il piano per l’edilizia economica e popolare di San Bartolo a Cintoia, 1966; il ponte all’Indiano, 1968-76; il progetto per la nuova Università nella piana di Sesto, prima versione, 1971, e seconda versione, 1976-1985; i padiglioni di Chimica e Chimica analitica nel polo universita­rio di Sesto, 1976-88; il progetto del nuovo quartiere direzional­e nella piana di Castello, 1986-88. Dall’altra parte l’urgenza, che lo rese interprete di un’intera generazion­e, di trovare un filo conduttore nelle molteplici vicende storico-culturali attraverso le quali si sono evolute le città in epoca moderna, in tutto il mondo. Questo secondo itinerario ha prodotto la monumental­e Storia dell’urbanistic­a in quattro volumi, edita da Laterza: Il Settecento, 1976; L’Ottocento, 1977; Il Novecento, 1978; Antologia di urbanistic­a. Dal Settecento ad oggi, 1980. In questi trenta anni mi sono chiesto regolarmen­te in quale universo percettivo Sica avrebbe registrato le grandi trasformaz­ioni cui è andata incontro, dopo la sua morte, la città contempora­nea: dall’ostentazio­ne urbana generata dai monopoli delle fonti energetich­e (le città emirali: Kuwait City, Dubai, Abu Dhabi, Doha, Lusail, Masdar; la nuova capitale del Kazakstan, Astana; la riconfigur­azione di Baku, capitale dell’Azerbaijan); alla rinascita urbana della Cina (Chong Qing, Shanghai, Shenzen, l’ultima Hong Kong) e del mondo satellite (Singapore, Taiwan); ai frutti tardivi dei regimi dittatoria­li (la nuova capitale birmana, Nay Pyi Taw). Oppure come avrebbe annotato le dolorose perdite di patrimonio urbano che sono state causate dai conflitti regionali in Bosnia Erzegovina, in Kosovo, in Afghanista­n, in Siria, in Libia, o dal terrorismo in alcune città americane, europee o africane. O infine con quali chiose avrebbe accompagna­to le micro trasformaz­ioni che ha vissuto la sua Firenze, quelle materiali del frenetico decennio Domenici, e quelle immaterial­i, prodotte dalla monocultur­a del turismo nel decennio successivo. Quanti lampi di intelligen­te ironia ci siamo persi! *Architetto

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Paolo Sica

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