Il regista al Portico con il nuovo film su Don Chisciotte
Il grande regista oggi presenta a Firenze il film «L’uomo che uccise Don Chisciotte» Un rivincita sul fantasma di Cervantes e il mondo del cinema: «I folli sono fonte di ispirazione»
Se il cinema fosse una lunga e strampalata battaglia contro i mulini a vento, Terry Gilliam potrebbe essere l’ultimo Don Chisciotte rimasto sulla Terra. Eppure, nel suo lungo viaggio tra realtà e fantasia, il grande maestro anglo-americano la sua rivincita sul fantasma di Cervantes, sull’industria del cinema e in fin dei conti anche su se stesso, l’ha avuta. Solo che ha dovuto aspettare un quarto
di secolo. E così L’uomo che uccise Don Chisciotte, il suo nuovo film, è finalmente giunto nelle sale e stasera (ore 20.30) al cinema Portico sarà lui stesso a presentarlo al pubblico (alle 15.30 sarà anche a Palazzo Vecchio per il Wired Next Fest). Bella soddisfazione per l’ex Monty Python, autore di una manciata di capolavori – Brazil, La leggenda del Re Pescatore, Paura e delirio a Las Vegas – che fino a qualche anno fa si era dovuto accontentare di un documentario (peraltro bellissimo) sul suo film mai fatto, Lost in La Mancha, tra produttori che finanziano ma poi si ritirano, Jean Rochefort che non entra in parte e si sente male, e nubifragi che distruggono le scenografie. E infine le rocambolesche vicende dell’ultimo anno: una causa legale con il produttore portoghese Paulo Branco, la scelta del Festival di Cannes di inserirlo in programma senza che ci fosse ancora l’autorizzazione a proiettarlo nei cinema francesi, il malore di Gilliam, e infine l’happy end (con standing ovation sulla Croisette, più al lieto fine della vicenda che al film in sé). Sarà anche per questo che al termine di questa maledetta storia il regista è riuscito a conservare il suo proverbiale ottimismo: «Ora mi sento libero di lasciarmi tutto alle spalle — ci racconta — Ma non dimentichiamoci che fare un film è sempre molto pericoloso. L’importante è credere nella propria ispirazione e posso dire che in questo film c’è di me stesso molto più di quanto mi aspettassi. Anche la sua forma mi piace, è aperta e lascia a ognuno il piacere e la responsabilità di dare un’interpretazione personale ai fatti raccontati».
Il ruolo di Don Chisciotte, che nel tempo è passato da Jean Rochefort a Robert Duvall, da Michael Palin a John Hurt, nella versione finale è giunto a Jonathan Pryce, mentre Adam Driver veste i panni del suo scudiero Sancho Panza, ma l’identità dei personaggi cambia in tutto il corso del film. Che inizia con le immagini di un Don Chisciotte che lotta con un mulino a vento, ma altro non è che uno spot commerciale che il regista di fama mondiale Toby Grisoni (Driver) sta girando nella campagna spagnola. Mentre il set è in preda al caos, Toby ritrova per caso un vecchio suo film, L’uomo che uccise Don Chisciotte, realizzato dieci anni prima insieme a degli amici come saggio della scuola di cinema. Tornando nel piccolo paesino dove aveva girato il suo filmino in bianco e nero, Toby ritroverà alcuni di quelli che vi avevano fatto parte, finendo suo malgrado in una serie di avventure, in una sorta di andirivieni tra il passato e il presente, tra produttori alla continua ricerca di clienti, magnati della vodka russa e donne del boss. Infine Toby ritroverà anche la ragazzina che aveva fatto debuttare, Angelica, oggi vittima delle angherie di un uomo molto potente.
«Non ho avuto alcun dubbio nello scegliere l’interprete di Toby, semplicemente perché credo che Adam Driver sia il miglior attore della sua generazione — ci confessa Gilliam — Toby è il personaggio chiave del film ed è anche quello che è cambiato di più durante gli anni. Nel passato lo vediamo giovane e innocente, prima che il successo lo rendesse ricco e cinico. Il cinema influenza le nostre esistenze nel bene e nel male. Quando entri in questo meccanismo, devi fare i conti con tante questioni e la tentazione di essere corrotto è sempre presente. Alla fine ho girato un film molto diverso da quello che avevo pensato inizialmente. Potrei dire che si è andato costruendo da solo, seguendo quello che succedeva».
Anche in questo film emerge prepotentemente uno dei temi più frequenti del cinema di Gilliam e cioè la tensione che si crea tra la fantasia e la realtà. E così quando gli chiediamo se il potere dei sogni e dell’immaginazione rendono ancora Don Chisciotte e Sancho Panza dei personaggi moderni e chi siano i Don Chisciotte e i Sancho Panza di oggi, il regista risponde: «Chisciotte è una figura straordinaria, ma non si può separare da Sancho. Da solo non esisterebbe neppure! Credo che rappresentino bene i due volti dell’umanità: in ognuno di noi coesistono i due aspetti che loro rappresentano. È per questo che sono figure moderne, del resto nel film non lasciamo mai il presente, il XXI secolo! I folli e i sognatori come loro sono sia una fonte inesauribile d’ispirazione che un pericolo. Forse li stiamo ancora aspettando. O forse li stiamo ancora cercando... E se fosse una missione impossibile?».
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Un lungo progetto Bisogna sempre credere nella propria ispirazione e posso dire che in questo lavoro c’è molto di me