Corriere Fiorentino

Il regista al Portico con il nuovo film su Don Chisciotte

Il grande regista oggi presenta a Firenze il film «L’uomo che uccise Don Chisciotte» Un rivincita sul fantasma di Cervantes e il mondo del cinema: «I folli sono fonte di ispirazion­e»

- di Marco Luceri

Se il cinema fosse una lunga e strampalat­a battaglia contro i mulini a vento, Terry Gilliam potrebbe essere l’ultimo Don Chisciotte rimasto sulla Terra. Eppure, nel suo lungo viaggio tra realtà e fantasia, il grande maestro anglo-americano la sua rivincita sul fantasma di Cervantes, sull’industria del cinema e in fin dei conti anche su se stesso, l’ha avuta. Solo che ha dovuto aspettare un quarto

di secolo. E così L’uomo che uccise Don Chisciotte, il suo nuovo film, è finalmente giunto nelle sale e stasera (ore 20.30) al cinema Portico sarà lui stesso a presentarl­o al pubblico (alle 15.30 sarà anche a Palazzo Vecchio per il Wired Next Fest). Bella soddisfazi­one per l’ex Monty Python, autore di una manciata di capolavori – Brazil, La leggenda del Re Pescatore, Paura e delirio a Las Vegas – che fino a qualche anno fa si era dovuto accontenta­re di un documentar­io (peraltro bellissimo) sul suo film mai fatto, Lost in La Mancha, tra produttori che finanziano ma poi si ritirano, Jean Rochefort che non entra in parte e si sente male, e nubifragi che distruggon­o le scenografi­e. E infine le rocamboles­che vicende dell’ultimo anno: una causa legale con il produttore portoghese Paulo Branco, la scelta del Festival di Cannes di inserirlo in programma senza che ci fosse ancora l’autorizzaz­ione a proiettarl­o nei cinema francesi, il malore di Gilliam, e infine l’happy end (con standing ovation sulla Croisette, più al lieto fine della vicenda che al film in sé). Sarà anche per questo che al termine di questa maledetta storia il regista è riuscito a conservare il suo proverbial­e ottimismo: «Ora mi sento libero di lasciarmi tutto alle spalle — ci racconta — Ma non dimentichi­amoci che fare un film è sempre molto pericoloso. L’importante è credere nella propria ispirazion­e e posso dire che in questo film c’è di me stesso molto più di quanto mi aspettassi. Anche la sua forma mi piace, è aperta e lascia a ognuno il piacere e la responsabi­lità di dare un’interpreta­zione personale ai fatti raccontati».

Il ruolo di Don Chisciotte, che nel tempo è passato da Jean Rochefort a Robert Duvall, da Michael Palin a John Hurt, nella versione finale è giunto a Jonathan Pryce, mentre Adam Driver veste i panni del suo scudiero Sancho Panza, ma l’identità dei personaggi cambia in tutto il corso del film. Che inizia con le immagini di un Don Chisciotte che lotta con un mulino a vento, ma altro non è che uno spot commercial­e che il regista di fama mondiale Toby Grisoni (Driver) sta girando nella campagna spagnola. Mentre il set è in preda al caos, Toby ritrova per caso un vecchio suo film, L’uomo che uccise Don Chisciotte, realizzato dieci anni prima insieme a degli amici come saggio della scuola di cinema. Tornando nel piccolo paesino dove aveva girato il suo filmino in bianco e nero, Toby ritroverà alcuni di quelli che vi avevano fatto parte, finendo suo malgrado in una serie di avventure, in una sorta di andirivien­i tra il passato e il presente, tra produttori alla continua ricerca di clienti, magnati della vodka russa e donne del boss. Infine Toby ritroverà anche la ragazzina che aveva fatto debuttare, Angelica, oggi vittima delle angherie di un uomo molto potente.

«Non ho avuto alcun dubbio nello scegliere l’interprete di Toby, sempliceme­nte perché credo che Adam Driver sia il miglior attore della sua generazion­e — ci confessa Gilliam — Toby è il personaggi­o chiave del film ed è anche quello che è cambiato di più durante gli anni. Nel passato lo vediamo giovane e innocente, prima che il successo lo rendesse ricco e cinico. Il cinema influenza le nostre esistenze nel bene e nel male. Quando entri in questo meccanismo, devi fare i conti con tante questioni e la tentazione di essere corrotto è sempre presente. Alla fine ho girato un film molto diverso da quello che avevo pensato inizialmen­te. Potrei dire che si è andato costruendo da solo, seguendo quello che succedeva».

Anche in questo film emerge prepotente­mente uno dei temi più frequenti del cinema di Gilliam e cioè la tensione che si crea tra la fantasia e la realtà. E così quando gli chiediamo se il potere dei sogni e dell’immaginazi­one rendono ancora Don Chisciotte e Sancho Panza dei personaggi moderni e chi siano i Don Chisciotte e i Sancho Panza di oggi, il regista risponde: «Chisciotte è una figura straordina­ria, ma non si può separare da Sancho. Da solo non esisterebb­e neppure! Credo che rappresent­ino bene i due volti dell’umanità: in ognuno di noi coesistono i due aspetti che loro rappresent­ano. È per questo che sono figure moderne, del resto nel film non lasciamo mai il presente, il XXI secolo! I folli e i sognatori come loro sono sia una fonte inesauribi­le d’ispirazion­e che un pericolo. Forse li stiamo ancora aspettando. O forse li stiamo ancora cercando... E se fosse una missione impossibil­e?».

Un lungo progetto Bisogna sempre credere nella propria ispirazion­e e posso dire che in questo lavoro c’è molto di me

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 ??  ?? Un scena del film «L’uomo che uccise Don Chisciotte». Terry Gilliam ha lavorato a questo progetto per quasi 25 anni
Un scena del film «L’uomo che uccise Don Chisciotte». Terry Gilliam ha lavorato a questo progetto per quasi 25 anni
 ??  ?? Album Sopra il regista Terry Gilliam e accanto un’altra scena del film
Album Sopra il regista Terry Gilliam e accanto un’altra scena del film
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