Quindici anni di Corri la Vita Così ha cambiato il modello di beneficenza
Domani l’evento, capostipite di una rivoluzione culturale sull’esempio del modello anglosassone
Corri la Vita, l’evento podistico fiorentino che ha l’obiettivo di raccogliere fondi per la lotta contro il cancro al seno, domani arriverà alla sedicesima edizione. Dal 2003, in quindici edizioni, con 300 mila partecipanti, Corri la Vita ha raccolto donazioni per oltre cinque milioni di euro che hanno consentito di offrire assistenza sanitaria a 400 mila donne.
Si va dalle 200 mila donne che sono state prese in carico dai centri di senologia italiani, alle quasi 200 mila radiografie, galattografie e radiografie svolte dai macchinari donati alla diagnostica senologica di Careggi, fino alle 9 mila pazienti (per 120 mila prestazioni) che hanno beneficiato di prestazioni di riabilitazione a Villa delle Rose. Ma quanto pesa la filantropia nella sanità italiana? Secondo le classifiche stilate dal World Giving Index, il nostro Paese si colloca al cinquantaquattresimo posto su 139 nell’indice mondiale di generosità. Solo il 30 per cento degli italiani ha fatto donazioni durante il 2017, lontanissimi dal 91 per cento della Birmania, ma anche dal 64 di Regno Unito e Olanda e dal 56 degli Stati Uniti.
La ragione di tanta distanza dai popoli più generosi è certo da rintracciare nella tradizione di un Paese che alla beneficenza preferisce uno stato sociale forte, tanto che anche la Francia, Paese con un welfare simile alla nostro, si ferma al 30 per cento. Ma negli ultimi dieci anni il Terzo settore comincia ad assumere un ruolo molto importante nell’economia del Paese, tanto da raggiungere, secondo le ultime stime, un peso del 5 per cento nel Prodotto interno lordo.
Gli ultimi dati disaggregati risalgono però solo al 2011 e parlano di oltre 11 miliardi euro di donazioni al Terzo settore, con circa 10 miliardi di euro investiti sul territorio: i principali settori di spesa sono la sanità (3,9 miliardi), istruzione e ricerca (1,2), volontariato (1,2), assistenza (1,2). Nel 2011, la spesa sanitaria dello Stato fu di 113 miliardi di euro, così il peso della beneficenza era pari al 4,3 per cento del settore.
Oggi, con la spesa sanitaria ormai ferma (114 miliardi nel 2017), è dato per pacifico che la quota parte della beneficenza si sia impennata. Tanto più che sul modello anglosassone è esploso il modello delle fondazioni filantropiche. Nel 2016, le fondazioni d’impresa hanno donato 200 milioni di euro, mentre quelle bancarie oltre un miliardo. Anche i grandi patrimoni ora fanno elargizioni: nel 2015, il 91 per cento degli italiani con almeno un milione di euro ha fatto beneficenza. Sono distanti i giganti americani della filantropia (Bill & Melinda Gates, 31,5 miliardi di dollari, Warren Buffet, 25,5, George Soros, 11,4), ma in Italia il tasso di crescita del 10 per cento all’anno è costante da un decennio.