Corriere Fiorentino

Il museo di domani? Parlerà ai ragazzi, per salvarsi

Al convegno sui valori dell’arte Timothy Verdon lancia il manifesto per le gallerie del mondo

- Chiara Dino

C’è un posto a Firenze dove, in queste ore, i direttori di alcuni fra i musei più importanti al mondo, si stanno arrovellan­do per stilare una magna charta che sia salvifica per i luoghi del loro lavoro e della nostra arte. Un manifesto che sarà reso pubblico e sottoscrit­to stasera per fare dei musei non solo, dei «depositi di bellezza, ma dei luoghi per coltivare l’estetica, certo, e insieme produrre valori, fare incontrare culture e persone». La dicitura non è nostra ma di Timothy Verdon, direttore del Museo dell’Opera del Duomo, da cui parte l’idea del nascituto manifesto.

E parte da lui perché i direttori degli Uffizi, (Eike Schmidt», del Louvre (Jean-Luc Martinez), dello State Hermitage Museum di St. Peterburgs (Mikhail Borisovi Piotrovski­j ), del Bode-Museum di Berlino (Julien Chapuis), della Pinacoteca di Brera (James Bradburne), del Museo Egizio di Torino (Christian Greco), della Galleria dell’Accademia di Firenze (Cecilie Hollberg), fra gli altri, oltre allo stesso Verdon e a i curatori della National Gallery di Londra (Susanna Avery Quash), del Museo delle Arti Islamiche di Doha in Quatar, sono riuniti in convegno, all’Auditorium Cassa di Risparmio di Firenze, per parlare di arte, musei e dignità delle persone e di come salvarli questi musei. Tutti, a partire dai nostri Uffizi di cui è stato invitato a parlare l’ex ministro, direttore dei musei Vaticani e soprintend­ente di Firenze, Antonio Paolucci.

Salvarli sarà possibile solo se si metteranno in essere dei comportame­nti virtuosi. In primis se si sarà capaci di aprirli agli adolescent­i «perché se è vero che molti lavorano sull’alfabetizz­azione artistica dei bambini, poco si fa per la generazion­e dai 15 ai 18 anni — ha detto il direttore del Bode-Museum di Berlino Julien Chapuis — che tra vent’anni dovranno decidere se finanziarl­i questi musei». L’esempio del Bode, in questo senso è virtuoso perché è su questi giovani che si sta conFondazi­one centrando la gran parte dei progetti (con drammatizz­azione delle opere fatte dai i ragazzi, aperture serali gratuite per loro e per i loro genitori, visioni emozionali dei capi d’opera). Non basta però. Un altro punto del nascituro manifesto è l’inclusione culturale. Il Louvre lo sta facendo anche in forza dell’apertura delle succursali a Lens e ad Abu Dhabi. Così come tanto si sta facendo in Olanda e in Germania dove per gli immigrati in attesa di permesso di soggiorno si organizzan­o visite guidate alla scoperta dei capolavori contenuti nei musei dei che provengono dai loro paesi. Se il mondo si allarga e si trasforma, bisognerà allargare e trasformar­e anche il bacino d’utenza dei visitatori. Ricordando come ha fatto notare James Bradburne (Brera) che «non sempre i numeri dei visitatori sono il criterio con cui valutare lo stato di salute di un museo. Ma la loro funzione di collante sociale».

 ??  ?? Protagonis­ta Monsignor Timothy Verdon, direttore del Museo dell’Opera del Duomo
Protagonis­ta Monsignor Timothy Verdon, direttore del Museo dell’Opera del Duomo

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy