A Peccioli debutta «Mobot»: prende i sacchetti e li porta dove l’auto non può arrivare
A Peccioli il debutto di «Mobot», una delle star del festival pisano degli automi
È un carrello per la spesa molto particolare: è un robot. Si chiama Mobot — acronimo di Mobile Robot — e ha debuttato ieri in anteprima mondiale a Peccioli, in Valdera, diventando una delle star della II Edizione del Festival Internazionale della Robotica di Pisa. Silenzioso e discreto, Mobot ha seguito il suo «padrone» per le vie del paesino, trasportando diligentemente i sacchetti della spesa sistemati nella sua pancia, seguito da una folla di curiosi.
Pensato per trasportare le merci fra il parcheggio e le abitazioni del centro storico, Mobot, grazie ai comandi eseguiti tramite una app, è in grado di muoversi in maniera autonoma. Verrà usato per recapitare a domicilio la spesa, i farmaci o altre tipologie di merci. Migliorerà la vita delle persone che vivono nel centro di Peccioli e che non possono usare la macchina o altri mezzi per arrivare fino alle porte di casa. Progettato da Mediate, azienda spin-off dell’Istituto di BioRobotica della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, Mobot è l’esempio perfetto di robot pensato per essere al servizio delle persone.
Ma mentre i più ottimisti si concentrano sulle novità più entusiasmanti portate dalla robotica, c’è anche chi comincia a interrogarsi su quale sarà il suo impatto sul mercato del lavoro. Niente a che vedere con i dilemmi da fantascienza in stile Asimov o con gli scenari dipinti dalla fortunatissima serie tv Westworld. La preoccupazione — più banalmente — è che i robot sostituiscano le persone in carne ed ossa sul posto di lavoro. «Ad oggi è impossibile predire quanti posti di lavoro verranno creati e quanti verranno distrutti dalla robotica», spiega Giuseppe Turchetti, professore di Economia della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa. «Gli studi che ci sono spesso si basano su dati che fanno riferimento a due o tre anni prima e, ne frattempo, la tecnologia a cui si riferiscono è già stata superata». «Esistono teorie che prevedono scenari completamente opposti», spiega il professore. «Uno studio pionieristico di Oxford del 2013, di Frey e Osborne, ad esempio, si spingeva a dire che il 47% degli occupati negli Stati Uniti era a rischio nei prossimi 10 o 20 anni».
Una previsione a tinte fosche, che, però, è stata poi messa in discussione da altri studi: «Il World Economic Forum, poche settimane fa, ha fatto una previsione per il 2022, in cui a fronte dei 75 milioni di posti di lavoro che potrebbero sparire, ne prevede 133 milioni che verranno creati da quello stesso cambio tecnologico», spiega Turchetti. «Bisognerà educare le giovani generazioni fin dalla più tenera età e prevedere delle misure, socio-economiche e formative, per chi dovrà imparare nuove competenze per rimanere nel mercato del lavoro. Tutte scelte strategiche che dobbiamo cominciare ad affrontare come sistema Paese». Un tema che verrà approfondito domani (dalle 14.40 all’Auditorium della Unione Industriali Pisa) nel corso del Festival Internazionale della Robotica.