LA SPARIZIONE DEI TRENTENNI (BELLICOSI E NON SOVRANISTI)
è significativa. Nel giro di qualche settimana, senza aver assistito a nessun cambiamento di sostanza (Foa è rimasto sempre Foa, cioè uno spacciatore di bufale), Forza Italia è passata dal dire «assolutamente no a Foa» a sceglierlo come presidente della tv di Stato. Non una spiegazione, non un sussulto anche se l’anticipazione del film era nelle parole di Mariastella Gelmini, capogruppo alla Camera, a luglio: «Al momento il nostro voto è no». Al momento. Sicché l’interrogativo che molti nel Pd, in Toscana e altrove, si stanno facendo, e cioè se il Pd abbia ancora senso, vale anche per il partito di Silvio Berlusconi: serve a qualcosa Forza Italia? Da più parti, autorevoli esponenti del centrodestra, politico e culturale, rispondono di no e aggiungono che serve una rigenerazione dell’area dei moderati, qualunque cosa oggi voglia dire in un Paese in cui prevalgono gli istinti da «affaccio al balcone» in stile Luigi Di Maio di giovedì sera.
Lo diceva il filosofo Marcello Pera qualche giorno fa, annotando come l’annessione di Forza Italia alla Lega — intanto già avvenuta nell’elettorato — sia cosa fatta: «Un partito non può sopravvivere senza sedi, senza discussioni, senza rappresentanti che non siano parlamentari eletti mediante la bilancia o il gradimento del capo. Se uno viene in periferia lo vede. Il partito, Forza Italia, non esiste più. Lucca, dove vivo, è un fenomeno strano. Era una città democristiana, poi quell’elettorato è stato assorbito da Forza Italia, adesso si è disperso o è prevalentemente leghista, che pure è qualcosa di lontano dalla mentalità della città, oppure non vota perché non trova rappresentanza. Una parte certo aveva sperato nel Renzi prima maniera, ma poi è stata delusa. Anche la rivoluzione di Renzi è finita malamente. La Lega è dunque diventata un rifugio necessario».
Il radicamento territoriale è uno dei motivi per cui la Lega sta sottraendo consenso non solo a Forza Italia ma anche al Pd in una (ex) regione rossa come la Toscana. Ma non è l’unico. Forza Italia ha un problema di selezione della classe dirigente. Dove sono i giovani di Forza Italia? Dove sono i trentenni? Che fanno? Sono in vacanza all’Isola d’Elba? Non hanno niente da dire sulla «manovra del popolo» e sulla «quota 100», un sistema che permette di andare in pensione in anticipo quando si raggiunge la somma cento fra età anagrafica e anni totali di contributi? Se i costi dell’abbassamento dell’età pensionabile saranno pagati dalla fiscalità generale (l’alternativa sarebbe ridurre l’assegno
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Dove sono i giovani di Forza Italia?
Non hanno niente da dire su manovra del popolo e pensioni «quota 100»?
pensionistico, ma non pare essere questa la strada) su quale groppone finiranno? È evidente: sui giovani, cioè su chi lavorerà in futuro. Soltanto la «quota 100» non varrebbe quantomeno un po’ di brusio o sopracciglia inarcate? E non varrebbe la pena iniziare pensare a un sano parricidio politico anziché vivere in eterno nell’ombra del Cavaliere?
Altrove, in altri partiti del centrodestra ci sono battaglie da tenere d’occhio. Prendete Pisa e Cascina, che ormai sono un laboratorio politico, dove è in corso un duello politico interno alla Lega fra Susanna Ceccardi, classe 1987, ed Edoardo Ziello, classe 1992. Due diverse sfumature della Lega salviniana. Entrambi rivendicano un ruolo centrale nella conquista di Pisa, spiegando perché la vittoria di Cascina del 2016 abbia spalancato le porte al centrodestra nel 2018. Usano la politica del «pugno duro» con alleati e migranti, occupano spazi lasciati non solo dal centrodestra ma anche dal centrosinistra, in una competizione interna per dimostrare chi sia dei due il vero sindaco ombra di Pisa. Sono presenti nel dibattito pubblico.
I trentenni non sovranisti e liberali forse nemmeno esistono, ma se esistono che cosa aspettano a farsi sotto? Non è che in fondo anche a loro piace il reddito di cittadinanza?