Maltrattamenti, senza condanna: «Lei reagiva»
Il giudice (donna) assolve l’uomo: «La moglie non era in un regime vessatorio»
Quando l’amore finisce, il matrimonio si trasforma in un inferno. Per questo dopo aver subito insulti, botte e minacce di morte per quasi venti anni, la donna aveva denunciato il marito. Ma il tribunale di Firenze ha assolto il commerciante lucchese di 53 anni, difeso dall’avvocato Donatella Casini.
È un marito «dispotico», scrive il giudice Agnese Di Girolamo nella motivazione, ma non ha mai costretto la moglie in un «regime vessatorio e mortificante, impedendole di reagire». In altre parole, tra i due coniugi si è creato nel tempo un clima di ostilità, che sembra «il vero e unico motivo della crisi della famiglia». Il giudice non ha dubbi: «il racconto della signora è attendibile: descrive il marito come una persona non violenta ma incapace di costruire un serio rapporto. Il comportamento del marito è assolutamente riprovevole e censurabile».
Come nel film La guerra dei Roses, i due si conoscono e s’innamorano: complici e appassionati paiono avere tutto. Nasce una figlia, poi ne arriva un’altra. Sono insieme anche sul lavoro: gestiscono un bar, fondato dalla famiglia di lei. Col tempo l’affiatamento si appanna. Iniziano le discussioni e anche le botte. Una volta, per un banale litigio lui la afferra per i capelli e la prende a calci e lei reagisce e lo graffia: vanno in questura per sporgere entrambi denuncia, ma si riconciliano. Un’altra volta, mentre ritornano in auto dalle vacanze in Versilia con le bambine l’uomo s’indispettisce per una battuta della moglie, frena all’improvviso, le intima di scendere e poi le stringe le mani attorno al collo. Non c’è giorno che lui non la umili davanti ai clienti del bar: «Non capisci nulla». Lei all’inizio sopporta, poi comincia a maturare risentimento verso quell’uomo. Nel 2014 chiede la separazione, a maggio 2015 denuncia il marito per maltrattamenti e poi lo estromette dalla gestione del bar. Il marito viene rinviato a giudizio. La moglie si costituisce parte civile solo dopo che il coniuge le ingiunge il pagamento degli stipendi arretrati per l’attività svolta nel bar. Ma il giudice alla fine decide: «Lo sgretolamento della coppia è dovuto più che al solo comportamento dell’uomo alla irreversibilità della crisi coniugale».
Le motivazioni
«Lo sgretolamento della coppia è dovuto all’irreversibilità della crisi coniugale»