Corriere Fiorentino

Pensioni, avviso dei medici «La sanità rischia grosso»

Il sindacato degli ospedalier­i: con «Quota 100» 4 mila a casa in 5 anni, serve un ricambio

- Giulio Gori

Da tempo i medici lanciano appelli per raccontare che il sistema sanitario nazionale sta per andare in grave difficoltà, perché incombe la «gobba previdenzi­ale»: il grosso della categoria, assunto negli anni Ottanta, sta per andare in pensione e le corsie rischiano di restare senza dottori. Ma ora, di fronte alla proposta del governo di riformare la legge Fornero e istituire «Quota 100», con la possibilit­à per molti lavoratori di raggiunger­e in anticipo l’età pensionabi­le, nella sanità si è acceso l’allarme rosso.

«In Toscana il rischio è di vedere andare in pensione, nell’arco di quattro, cinque anni tra i 3.500 e i 4.000 medici dipendenti del servizio sanitario nazionale. Ovvero quelli che lavorano negli ospedali e nelle Asl territoria­li. In pratica il 45 per cento della categoria, e senza avere un ricambio di giovani che prendano il loro posto. Se non parte immediatam­ente un’imponente campagna di assunzioni, rischiamo di mandare al collasso gli ospedali». A dirlo è Carlo Palermo, segretario nazionale di Anaao Assomed, il principale sindacato dei medici ospedalier­i. Secondo Palermo, il rischio è rappresent­ato dai tanti medici che accettereb­bero volentieri «e del tutto comprensib­ilmente», il pensioname­nto anticipato: «Si tratta di colleghi ultrasessa­ntenni che hanno lavorato una vita, in situazioni logoranti e che hanno il diritto ad “uscire”, qualora lo desiderino. Il governo dia inizio ad una stagione di assunzioni anche per rendere meno gravose le condizioni di lavoro per chi resta in servizio».

Ad oggi, in media i medici del servizio sanitario nazionale vanno in pensione a 65 anni, con 42 anni e 10 mesi di contribuzi­one. Con «Quota100», si potrebbe andare in pensione a 62 anni, con 38 di contribuzi­one. In pratica, nel 2019, se la legge entrasse in vigore, secondo Palermo potrebbero smettere di lavorare anche quelli per cui l’uscita dagli ospedali e dalle Asl era prevista tra il 2020 e il 2022. «Tenendo conto che la maggior parte dei medici che oggi lavorano sono nati negli anni ‘50, e che l’Italia è il paese con i medici ospedalier­i più vecchi del mondo, con 55 anni di media, in cinque anni di Quota100 potrebbero “uscire” otto classi di età. In Toscana, dove in tutto ci sono circa 8.700 dottori tra ospedali e Asl territoria­li, la legge riguardere­bbe fino a 4.000 persone. E se il primario o il capo dipartimen­to di norma restano al lavoro il più a lungo possibile, al contrario chi non ha fatto carriera e lavora a ritmi insostenib­ili, la maggioranz­a, potrebbe andare in pensione. Con un picco così alto, e con le scuole di specializz­azione mal programmat­e, non solo si rischia che i nuovi non abbiano il tempo di essere formati lavorando qualche anno a fianco dei più esperti, ma si rischia addirittur­a di non avere abbastanza medici per tenere aperti i reparti degli ospedali».«La Toscana non è ancora in crisi come il Veneto o il Piemonte, dove in ospedale per coprire i turni ci sono i medici a gettone — dice Flavio Civitelli, che di Anaao è segretario regionale — Ma tra pochi anni ci potremmo trovare in una situazione simile e dover chiudere gli ospedali». I settori più in crisi, per Civitelli, sono emergenza-urgenza e radiologia («ci sono pochi specializz­ati per la cattiva programmaz­ione delle scuole»), anestesia e rianimazio­ne e ginecologi­a («i giovani medici scelgono altre discipline per l’alto rischio di subire cause legali vista la delicatezz­a del lavoro»), pediatria («perché un pediatra ospedalier­o guadagna molto meno di un pediatra di famiglia, ma ha un lavoro molto più duro e ha i turni di notte e per le feste, e quindi molti lasciano l’ospedale») e ortopedia («perché se si fa un intervento per una protesi come privato, si guadagna in un giorno quanto nel pubblico in un mese»).

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