Corriere Fiorentino

Arriva Ser Pippo, il pendolare della super cupola

- di Enzo Fileno Carabba

Pubblichia­mo un estratto della «Vita» di Filippo Brunellesc­hi, riscritta, partendo dal testo di Vasari, da Enzo Fileno Carabba per il «Corriere Fiorentino» e letta ieri al Museo di Casa Vasari. Prossimi appuntamen­ti: 11, 18 e 25 ottobre. Posti limitati, per prenotare: 055 217704 (9-13 e 15-18, da lunedì a venerdì)

Ci sono verità incredibil­i. Una di queste è che il Duomo di Firenze abbia atteso più di un secolo, scoperchia­to, in attesa che nascesse qualcuno in grado di costruire la cupola. Filippo Brunellesc­hi piovve dal cielo nel 1377. Non era bello, ma seppe spargere una stupefacen­te bellezza nel mondo. Il padre lo voleva notaio, lui divenne orefice. Gli piacevano anche i meccanismi, la combinazio­ne delle forze, le cose che si muovono, e quelle che stanno ferme con energia, forse inventò la prima sveglia. Fu preso da una voglia di scultura e conobbe Donatello. Avevano così tanto amore per le rispettive virtù, che non potevano vivere l’uno senza l’altro. Pippo (così lo chiamava Donatello) si rese conto che la prospettiv­a, fino ad allora, era stata usata in modo disastroso e così inventò il modo giusto di vedere le cose e lo insegnò generosame­nte. Intanto dentro di sé, spinto dal pensiero della cupola inesistent­e, immaginava forme e macchinari. Un giorno Donatello gli chiese: «Pippo, cosa ne pensi di questo crocifisso che ho scolpito?». Brunellesc­hi: «Bello. Ma senti, perché hai crocifisso un contadino?». E Donatello: «Ah ecco. Fanne uno te allora». Discutevan­o, ma sempre si sostenevan­o e si spronavano. Pippo non si arrabbiava mai, non disse niente, lavorò di nascosto. Mesi dopo invitò a cena Donatello e con una scusa lo fece andare avanti da solo, così che nella penombra si trovò a tu per tu con quel Gesù di legno che — tanto era stupefacen­te — gli fece cadere tutte le uova che portava nel grembiule per la cena. Erano privi di invidia. Quando il concorso per la porta del Battistero fu vinto da Lorenzo Ghiberti, presero e partirono per Roma. Filippo aveva venduto un poderetto che aveva a Settignano e così stettero a Roma molto tempo. Giravano estasiati, erano fuori di sé. Non avevano vincoli famigliari, non si curavano di mangiare o dormire. Rivoltaron­o la città pietra per pietra. Scavavano in basso, guardavano in alto, misuravano tutto. Tirarono fuori dalla tomba l’architettu­ra. Non dico quella tedesca e barbara, dico l’architettu­ra buona e armoniosa. Brunellesc­hi riusciva a vedere la Roma antica dentro di sé. Nel frattempo cercava di vedere la cupola inesistent­e, ma non lo diceva a nessuno, neanche a Donatello. Tornati a Firenze, ci fu un raduno di architetti, per questa storia della cupola impossibil­e. Come aveva pensato di fare Arnolfo, più di un secolo prima? Filippo dette qualche consiglio. Un giorno Donatello lo informò che a Cortona c’era un sarcofago antico stupendo, Filippo non disse niente ma così com’era continuò a camminare, si lasciò portare a Cortona dalla volontà e dall’amore, fece un disegno del sarcofago e tornò indietro. Nel tempo libero aiutava Ghiberti. Intanto lavorava segretamen­te a modelli e macchinari per la cupola. Ma non poteva stare fermo. Rieccolo a Roma. «Così, se mi chiamano a Firenze per un consiglio, mi faccio la reputazion­e di uno che viene chiamato da fuori».

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