GUARDANDO ALL’EUROPA
Spezzato l’asse politico con Roma dopo la fine dei governi di centrosinistra, Firenze stringe l’alleanza con Milano. Non per fare muro contro il governo gialloverde, ma per costituire un polo delle eccellenze che possa essere decisivo per la crescita di tutto il Paese. E per resistere alle sirene dell’assistenzialismo. Imprese, lavoro, ricerca, cultura. Moda, farmaceutica, università. Una rete di saperi e competenze capace di fare da locomotiva di sviluppo.
Il progetto Fi-Mi è stato al centro della relazione di apertura fatta dal presidente Luigi Salvadori all’assemblea di Confindustria Firenze. Ma l’idea ha già avuto un riscontro concreto nella presenza e nel discorso di Carlo Bonomi, presidente di Assolombarda, e nel video del sindaco di Milano, Giuseppe Sala. Ci si può provare, insomma. Senza nascondersi la difficoltà di ogni partnership e una storia di rapporti fra le due città fatta anche di concorrenza, sospetti e qualche sgambetto. Fatto è che Milano è sempre di più la città italiana che parla europeo, economicamente forte, culturalmente aperta e creativa. Profondamente rinnovata, anche esteriormente, dall’Expo. Firenze può portare in dote arte e bellezza. Anche la bellezza delle sue imprese. Grandi e piccole. La vicinanza politica può aiutare ad avvicinare l’obiettivo, senza però farne una bandiera, evitando così sterili conflitti pregiudiziali, nell’interesse stesso delle due comunità. È però evidente che il patto Firenze-Milano si basa su una triangolazione cittadini-Statoimprese nella quale l’azienda è chiamata a svolgere un ruolo imprescindibile di motore, anche con tutte le responsabilità sociali che questo comporta per i singoli industriali. Una visione antitetica a quella coltivata da una parte dell’attuale maggioranza, cioè il Movimento Cinque Stelle, che punta innanzitutto sul binomio Stato-cittadini.
La voglia di Firenze di tornare a crescere che ieri si è manifestata con forza non può prescindere dalle infrastrutture.
E le richieste di Salvadori hanno trovato immediato riscontro nelle parole del sindaco Nardella e del governatore Rossi. Aeroporto, sottoattraversamento Tav, completamento della rete della tramvia con un terminale anche all’Osmannoro. Su Peretola il nuovo minuetto al quale si sta assistendo non spinge all’ottimismo. Il messaggio rivolto al governo è stato univoco e chiaro: in gioco non c’è l’aeroporto di Matteo Renzi o degli albergatori fiorentini o dei poteri forti, ma l’interesse di tutto un territorio. La nuova pista porta benefici su tutti i piani — affari, sicurezza, ambiente — in sinergia con il Galilei di Pisa, votato soprattutto al movimento turistico. Gli oppositori, più o meno manifesti, si dovranno assumere la responsabilità di far rischiare a Firenze e alla Toscana un futuro fatto di decrescita tutt’altro che felice; e, al tempo stesso, di ridare spazio e vigore ai campanilismi e a quel derby dell’Arno che stavamo cominciando a mandare in archivio.
Il presidente nazionale di Confindustria, Vincenzo Boccia, ha chiesto un applauso per Eduardo Eurnekian, imprenditore straniero che ha investito i suoi soldi qui, nei due aeroporti toscani. Cioè in infrastrutture che mai potranno essere delocalizzate. Ma, come ha ammonito il vicepresidente di Toscana Aeroporti, Roberto Naldi, non è affatto detto che gli investimenti del magnate armenoargentino non possano essere dirottati altrove se il piano nazionale degli aeroporti sarà stravolto dal nuovo governo. In sala ieri c’era il sottosegretario agli Esteri, Guglielmo Picchi, leghista, che subito ha promesso via tweet massimo impegno per la realizzazione della pista. Ma l’esito della prova di forza su Peretola in atto nel Carroccio è tutt’altro che scontato. Che cosa deciderà la sindaca di Cascina, lunga mano di Matteo Salvini? Sorridete sorridete, ma in Italia oggi va così...