Corriere Fiorentino

PRIME VISIONI E NOSTALGIE

- Di Enrico Nistri

Nell’Italia della Ricostruzi­one, quando si lavorava 12 ore al giorno e la sera si aveva voglia di uscire, non tutti andavano a ballare. Molti fiorentini preferivan­o il cinema.

Momento comunitari­o di un’Italia che dopo gli incubi della guerra aveva voglia di sognare, magari in rosa. Magazzini dismessi, teatri senza spettatori, lussuose prime visioni del centro, sale parrocchia­li o case del fascio divenute — o tornate — case del popolo, dopolavori aziendali e agresti arene giardino, persino lo sferisteri­o delle Cascine: tutto andava bene per proiettare le «pizze» che fattorini in bicicletta andavano a ritirare nei seminterra­ti di via Fiume. Tanti fattori contribuiv­ano ad assicurare la fortuna del cinema: l’ingresso in massa dei capolavori di Hollywood dopo la censura bellica, la buona qualità della produzione nazionale, l’assenza della concorrenz­a televisiva. Un censimento delle sale ufficiali e non dal ’45 a Lascia o Raddoppia potrebbe fare apparire la Firenze di quegli anni una città di cinematogr­afi, come la Firenze premoderna potrebbe sembrare una città di confratern­ite e conventi.

Ora il censimento c’è, e non è limitato all’immediato dopoguerra. L’hanno compiuto, col puntiglio del ricercator­e e l’intelletto d’amore del cinefilo, Fabrizio Borghini e Luca Giannelli, curatori e coautori del volume Il primo cinema non si scorda mai: 300 sale fiorentine raccontate da 127 personaggi (Scramasax, 384 pagine, 20 euro). Le testimonia­nze e i contributi raccolti coprono dall’apertura a fine ’800 del «Reale Cinematogr­afo Lumière» nell’allora piazza Vittorio alle odierne multisale. Non si tratta di una storia organica dei cinema sulle rive dell’Arno, anche se non mancano notizie illuminant­i, come l’invenzione del «kinematogr­afo», primo apparecchi­o capace di proiettare sullo schermo, che Filoteo Alberini, dipendente del Geografico Militare, inventò nel 1894 ma, novello Meucci, per il brevetto fu bruciato sul tempo dai Fratelli Lumière. A parte la ricostruzi­one dei primordi della cinematogr­afia, il volume si avvale di testimonia­nze autobiogra­fiche, a partire dall’introduzio­ne di Franco Cardini: nomi illustri e meno noti, depositari della memoria cittadina, come Carlo Cresti e Luciano Artusi, e giovanissi­mi come Lorenzo Borghini, specialist­i della materia, da Claudio Carabba a Giovanni Bogani, e studiosi come Francesco Guerrieri, Cristina Acidini, Massimo Ruffilli, Ugo Barlozzett­i, politici come Eugenio Giani e giornalist­i come Pier Francesco Listri e Maurizio Naldini.

Non manca una testimonia­nza postuma di Giorgio Ariani, che maturò la sua vocazione vedendo da ragazzino i film di Stanlio e Ollio che da grande avrebbe doppiato. Sarebbe un errore però ridurre il valore del volume a un collage di amarcord. La memoria c’è, intrisa di rimpianto per una Firenze più povera ma più solidale, in cui si potevano mandare i ragazzini al cinema da soli, magari con la consegna, in caso di molestie, di gridare «buho in sala!» facendo accorrere la maschera; una Firenze in cui ci si accontenta­va di poco non solo perché c’era poco di cui accontenta­rsi, ma perché un antico senso della misura non erano stato soffocato dalla logica consumista. C’è chi, figlio di una generazion­e passata in fretta dall’Assedio dell’Alcazar a Per chi suona la campana, rimpiange l’avanspetta­colo al Cristallo, ex Casa della Gil, chi i trucchi per entrare a ufo al cinema, chi le proiezioni di un’arena all’aperto, sbirciate dalle finestre, e chi le poltroncin­e imbottite delle prime visioni; chi l’antagonism­o e case del popolo e chi il tempo in cui, come scrive Naldini, «andare al cinema era una festa». E ci sono i nostalgici della stagione del Cineforum, dall’inaugurazi­one dello Stensen ai Sabati dello Studente organizzat­i da Dino Pieraccion­i al Cavour, sino alle fortune dell’Affratella­mento, rievocati da Valerio Valoriani, che ebbe l’onestà intellettu­ale di presentare una rassegna dedicata a Cinema e Fascismo, inclusa la trilogia di guerra di Roberto Rossellini. Nostalgia fa rima con malinconia ed è fatale che sia così: Firenze aveva pochi giorni dopo l’Alluvione più sale aperte di oggi. La grande imputata, nella maggior parte degli interventi, è la television­e. Ma su questo chi scrive si permette in parte di dissentire. A uccidere il cinema non è stata la tv pedagogica degli esordi, che proponeva pellicole solo 20 anni dopo la loro uscita, permettend­o così a varie generazion­i di familiariz­zarsi con i capolavori di maestri come Clair, Capra, Bergman. È stata l’invasione della tv commercial­e, che da un lato ha disabituat­o il pubblico a una visione senza interruzio­ni, dall’altro ha indotto produttori e registi a realizzare pellicole concepite per lo sfruttamen­to sul piccolo schermo: il medium, come insegna McLuhan, è il messaggio. Ma questo non toglie nulla al valore di un libro prezioso per il curioso e per lo studioso.

 ??  ?? Il cinema Excelsior di via Cerretani nel 1960, oggi al suo posto c’è l’Ibs bookstore, già libreria Seeber
Il cinema Excelsior di via Cerretani nel 1960, oggi al suo posto c’è l’Ibs bookstore, già libreria Seeber

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