Le curve in movimento di Sauro Cavallini
Le opere del maestro all’Accademia delle Arti del Disegno
Acidini «Auspico che la mostra possa ispirare la conclusione della sua Ultima Cena»
Aveva una personalità eclettica e curiosa che lo ha portato a confrontarsi con diverse forme di espressione e le sue opere, nell’alternanza di pieni e di vuoti, creano ritmi in cui non vi è mai fissità, ma continua materia in movimento. A due anni dalla scomparsa, l’Accademia delle Arti del Disegno ospita fino al 30 ottobre la mostra Sauro Cavallini - Luce e Ombra, a cura di Domenico Viggiano. Firenze è la città che ha accolto l’artista alla fine degli anni ‘30 e qui ha portato avanti la sua ricerca tridimensionale attraverso forme dalle curve sinuose e senza fine: in mostra oltre settanta opere come le prime creazioni di grafica degli anni ’60 caratterizzate dallo studio della linea, le grandi sculture in ferro e in bronzo, fino alle inedite opere pittoriche dell’ultimo periodo. «Le sculture di Cavallini sono il frutto di un’attenta valutazione. Le figure sembrano colte in azione, talvolta protese, nel loro isolamento, verso lo spazio che le circonda, o accorpate e quasi danzanti — spiega Domenico Viggiano — Ogni opera deve avere un peso, una dimensione e un suo ruolo, occupa uno spazio che deve essere rivalutato affinché il visitatore possa percepire l’anima dell’artista. La scultura crea vuoti e pieni che ci permettono di vedere anche ciò che è dietro l’opera d’arte. I grandi monumenti che più rappresentano la sua opera sono visibili al pubblico negli spazi aperti da Strasburgo, a Genova e specialmente a Firenze dove la Pace nel Parco del Palazzo dei Congressi testimonia la sua visione dell’arte» Cavallini ha lavorato fino alla fine ed è stato coerente con se stesso perché ha mantenuto inalterata la sua sensibilità. La sua è una ricerca continua che ha portato avanti con grande spontaneità e anche nella sua pittura il gioco dinamico delle linee crea ritmo e composizione. Negli ultimi anni sviluppò una monumentale Ultima Cena, oggi ancora in gesso e in attesa di essere fusa in bronzo. «È il simbolo altissimo della potenza inventiva di Cavallini – sottolinea Cristina Acidini, presidente dell’Accademia delle Arti e del Disegno – È un lavoro durato circa otto anni, dal 1982 al 1990, in attesa di una non mai attuata fusione. È auspicio che la mostra stessa, oltre che rendere omaggio a un artista intenso e complesso, possa ispirare la conclusione di questa impresa che, ancora oggi, si fa portatrice di sentimenti profondamente umani».