Dopo 25 anni se ne va l’angelo del sottopasso «Io lasciato solo»
Beniamino delle Cure, dopo 25 anni da «angelo» dice basta: di questo posto tutti se ne fregano
L’angelo del sottopasso delle Cure si chiama Salvatore Orlando e da 25 anni si occupa di pulire, tenere in ordine e in sicurezza il lungo tunnel che collega il quartiere a viale Don Minzoni. Ora però Salvatore, stanco di «essere lasciato solo» ha deciso di smettere a di dedicarsi ad altro. «Una volta Renzi mi promise alcuni detersivi: mai visti». Perché Salvatore ha sempre fatto tutto a spese sue tanto da diventare un beniamino del quartiere.
«Basta, tra poco me ne vado: troppa ingratitudine, mi hanno lasciato da solo. Mi dispiace soltanto sapere che dopo di me questo posto tornerà una discarica: sono deluso». A parlare è Salvatore Orlando, detto — a ragion veduta, vista la facilità con cui fa ancora flessioni a quasi 67 anni — «Totò Dinamite».
Originario di Palermo, di cui conserva un fortissimo accento siculo, Salvatore da un 25 anni si occupa da solo della manutenzione del sottopasso delle Cure. Gratuitamente. La sua è stata una scelta di vita, dopo che nello stesso sottopasso — con alle spalle una separazione e 18 anni nei cantieri — aveva cominciato a suonare l’armonica nel 1994, attratto dalla bella acustica del posto: «Ma era pieno di sporcizia, la gente aveva paura a passarci: decisi di rimanere ed eccomi ancora qui». Quattro notti a settimana Salvatore presidia il sottopasso, lucidando i riflettori dell’illuminazione, gettando la segatura durante i frequenti allagamenti, disinfettando con la candeggina il pavimento, ripulendo i lucernari, le grate, i cestini. A sue spese: «Una volta venne a trovarmi pure Renzi. Mi disse che aveva sentito parlare di me ed io, per fargli vedere che ero sempre in forma, mi esibii in una capriola. Si complimentò, dicendomi che al mio posto si sarebbe rotto la schiena. Vista la simpatia, provai a chiedergli dei detersivi. Me li promise, ma non li ho mai visti».
E c’è anche l’aspetto della sicurezza, con gli ammonimenti ai ciclisti indisciplinati che sfrecciano nei corridoi e gli interventi per sedare i continui litigi tra mendicanti o graffitari: «Prima della concessione di Palazzo Vecchio, li avevo rimbiancati. Le opere sono belle, peccato che a volte i ragazzi litighino tra loro». E in quel caso Salvatore diventa un vigile: «Cerco di fare da paciere, ma le ho pure prese. Adesso hanno persino riempito di scarabocchi il murales del mio volto…», racconta con amarezza. Salvatore, dopo un’iniziale diffidenza («Mi chiamavano clochard: figuriamoci, io il titolo di Angelo del sottopasso me lo sono merita- to») è diventato un beniamino del quartiere. Con orgoglio mostra un album di dediche, gelosamente custodito nel vano dei contatori che ha ripulito anni fa da topi e scarafaggi. I messaggi sono pieni di affetto («Sei una leggenda», «Non cambiare mai», «È solo grazie a te che mi sento sicura»).
«Mi sono allontanato tre volte in 25 anni, l’ultima per il funerale di mia madre: non ho avuto niente indietro. Vado avanti grazie a mio fratello Ugo, elettricista, che mi passa 150 euro al mese e all’aiuto di qualche amico. Mollo perché sono stanco del menefreghismo: l’ultimo operaio, qua, l’ho visto otto anni fa. Con le bombe d’acqua prima o poi crolla tutto». Ed il futuro? «Continuerò a fare del bene, magari assistendo bambini ed anziani». I mille metri quadri del sottopasso saranno più vuoti, senza il suo «angelo».
Pulisco e tengo in ordine Una volta Renzi venne a trovarmi e mi promise dei detersivi: mai visti