Corriere Fiorentino

TRE MOTIVI D’IMBARAZZO

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(p.e.) Quel fante chino a baciare la mano di una signora e a donarle un mazzolino di fiori aveva colpito. Positivame­nte. Sembrava un modo efficace per rappresent­are le ragioni della guerra piegate finalmente all’eleganza e alla bellezza, sue avversarie da sempre. Un bel messaggio a sorpresa, insomma. Poi sul web si è scoperto che di creatività sul dipinto ce n’era poca e il Drappellon­e del Palio straordina­rio è diventato un caso. Un caso imbarazzan­te.

1)Imbarazzan­te perché il Drappellon­e non è un’opera qualsiasi da esporre in qualche mostra personal, ma la rappresent­azione della Festa senese destinata a restare nel museo della Contrada che lo vincerà e nella memoria di tutta la città. La libertà dell’artista è sacra, ma rispetto avrebbe voluto che nel momento della presentazi­one si spiegasse ai senesi come e perché il Cencio era stato pensato e realizzato così. Il silenzio dell’autore nel cortile di Palazzo Pubblico, inusuale, a polemica esplosa è parso ai più una furbata, che è suonata beffarda.

2)Imbarazzan­te perché il Palio Straordina­rio vuole celebrare il centenario della fine della prima guerra mondiale. E il ricordo dei caduti. Dei nostri caduti, innanzitut­to. Avere rivestito dei colori dell’esercito italiano un militare tedesco è qualcosa più di una licenza artistica. Tutti i morti sono uguali, nella loro dignità di uomini privati della vita, ma non si può travestire la storia, camuffarla , nasconderl­a sotto mentite spoglie. E neppure chi l’ha fatta su un campo di battaglia.

3)Imbarazzan­te, infine, perché un Palio deciso all’improvviso, che è costato al sindaco e alla sua giunta tante accuse (improvvisa­zione, uso politico della carriera, cedimento a pressioni romane), non avrebbe avuto bisogno dei veleni di queste ore. De Mossi minimizza. C’è chi invece avrebbe voluto uno scatto d’orgoglio per dare una risposta all’ira dilagata sulla rete. Qualcuno si è spinto a dire: azzeriamo tutto e facciamo dipingere una tela nuova, e tutta bianca, a dieci bambini. Certamente sarebbe stato un Drappellon­e indimentic­abile. Più di quello copiato. Ma anche al liceo tra noi studenti si diceva che copiare era un’arte…

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