Maggio, su il sipario e il Fus cresce
Via alla stagione lirica con l’omaggio a Rossini e Puccini. Chiarot: arriveranno quasi 14 milioni
Un incipit, quello di stasera per la nuova stagione lirica del Maggio — segnato da un omaggio a Rossini, e uno a Puccini — che porta con sé la conferma di un’inversione di tendenza nei conti del teatro fiorentino. Un piccolo passo in avanti. C’è ancora tanto da fare ma è un segnale.
Stasera va in scena, (con repliche il 20, 25 e 28 ottobre) il dittico composto da Ehi Giò. Vivere e sentire secondo Rossini — opera nuova presentata a Spoleto, composta da Vittorio Montalti su libretto di Giuliano Compagno per la regia di Francesco Saponaro, sulla vita di Rossini a 150 anni dalla sua morte — e Le Villi — debutto di Puccini nel mondo dell’Opera con una collaborazione con la Compagnia Nuovo Balletto di Toscana sempre per la regia di Francesco Saponaro. E questa prima, durante la quale vedremo due opere diversissime, entrambe ambientate negli anni ‘70, apre la stagione nel giorno in cui arriva da Roma conferma del Fus (Fondo Unico per lo Spettacolo destinato al Maggio). Con un incremento.
«Il contributo del 2018 è leggermente più alto rispetto a quello del 2017», spiega il sovrintendente Cristiano Chiarot. A fronte dei 13 milioni 554 mila euro del 2017, stavolta arriveranno a Firenze 13 milioni 820 mila euro. L’incremento è dovuto al fatto che il Maggio, dopo La Fenice, risulta il secondo teatro lirico per numero di produzioni ed è quinto per la qualità. «Ma — aggiunge Chiarot — non escludo che, prima dell’approvazione del consuntivo 2018, ad aprile prossimo, ci possa essere qualche ulteriore contributo — il ministro Alberto Bonisoli ha comunicato all’Anfols (Associazione Nazionale Fondazioni Liriche Sinfoniche) il suo intento di destinare altri 3 milioni e mezzo di euro alle Fondazioni liriche da ripartire tra le 14 in Italia». Si dovrebbero dunque doppiare il 14 milioni.
Conti alla mano, considerando anche i 6 milioni di incremento del patrimonio del teatro sostenuti da Comune e
❞ Il contributo del 2018 è più alto, perché dopo La Fenice siamo il secondo teatro per numero di produzioni
❞ Entro la metà del 2019 il debito consolidato di 61 milioni dovrebbe scendere a 55 milioni
Regione (3 milioni cash dal Comune mentre dalla Regione dovrebbero arrivare 1 milione cash e due sotto forma di immobile), ciò significa che entro metà del 2019 il debito consolidato del Teatro, oggi di circa 61 milioni dovrebbe scendere a 55 milioni.
Una cifra alta, certo ma che nelle previsioni di Chiarot dovrebbe andare ad abbattersi gradualmente anche perché nell’ultimo anno il teatro ha ripreso a pagare, ovviamente a rate, i suoi debiti relativi all’Irpef, spalmati nei prossimi 15 anni, e al prestito da parte dello Stato dovuti alla legge Bray (che riguarda il 90 per cento della cifra intera relativa la debito). La strada è lunga e in sofferenza, ci sono ancora alcuni pagamenti, soprattutto quelli relativi agli artisti. Sono quelli a esser rimasti indietro «ma l’inversione di tendenza — ha aggiunto Chiarot — è evidente e ci fa ben sperare».
Il suo progetto di rilancio del teatro ricorda ancora il sovrintendente riguarda «anche lo sforzo che si farà il prossimo anno con il nuovo festival. Con l’inaugurazione della trilogia mozartiana ad opera di registe donne ( si parte con Le
nozze di Figaro per Sonia Bergamasco, e si prosegue con Elena Bucci per Così Fan Tutte durante l’LXXXIII Festival e Nikola Raab per Don Giovanni, nel 2020 ndr.) con l’opera nuova Noi, due, quattro... di Elisa Fuksas che firma anche il libretto, e con il ritorno di Vittorio Montalti chiamato a comporre la musica per l’opera tratta da Le leggi fondamentali della stupidità umana di Carlo Maria Cipolla, per un totale di cinque opere liriche per il solo festival.