«Numero chiuso? Lezioni nei cinema»
L’annuncio del governo su Medicina e poi la frenata. I timori dell’Ateneo fiorentino
«Si abolisce il numero chiuso nelle Facoltà di Medicina». L’annuncio del governo manda nello scompiglio il mondo universitario e medico. Poi l’esecutivo corregge il tiro, ma le polemiche ormai infuriano. Anche a Firenze. «Al primo anno avremmo 1.500 studenti e non più 220-230 come ora. Saremmo costretti ad affittare le sale dei cinema», dice il prorettore dell’Ateneo con delega all’area medica Paolo Bechi.
A notte fonda, subito dopo il vertice di governo, da Palazzo Chigi esce un comunicato stampa ufficiale che manda il mondo medico e universitario nello scompiglio: «Si abolisce il numero chiuso nelle Facoltà di Medicina, permettendo così a tutti di poter accedere agli studi». Il ministro dell’Istruzione, Marco Bussetti, interpellato dai giornalisti, cade dalle nuvole: «Non mi risulta». Qualche ora dopo cerca di mettere una toppa alla prima nota stampa e fa un parziale dietrofront con un comunicato congiunto con la collega alla salute Giulia Grillo. Ma intanto si sono già scatenate polemiche e ironie, da parte di medici, politici e docenti universitari. Anche a Firenze.
«Nessun problema: le decine di migliaia di medici laureati disoccupati potranno godere del reddito di cittadinanza», attacca con sarcasmo Anaao Toscana, il principale sindacato dei medici ospedalieri. Preoccupato il prorettore dell’Università di Firenze con delega all’area medica, il professor Paolo Bechi: «L’abolizione del numero programmato significherebbe non avere più 220, 230 studenti al primo anno, ma probabilmente 1.500. Questo creerebbe dei problemi anzitutto per le strutture, perché le aule sono a malapena sufficienti adesso. Probabilmente dovremmo affittare le sale dei cinema. Poi ci sarebbero grandi difficoltà anche per la docenza, visto che la nostra Università è strutturata in modo tale che ci sia un certo numero di professori commisurato a quello degli studenti».
«Il numero programmato esiste medicina e chirurgia è una facoltà professionalizzante, ha un significato solo se uno studente poi esercita la professione per la quale consegue la laurea — prosegue Bechi — non è come lettere e filosofia che uno può fare anche per cultura personale».
Il prorettore guarda ai numeri e all’imbuto che, malgrado il numero programmato nelle facoltà, già esiste per l’accesso alle specializzazioni: «Se si toglie il numero programmato all’ingresso, bisognerà pur mettere una selezione dopo: è inimmaginabile formare 1.500 medici all’anno. Perché poi cosa vanno a fare? Siccome in Italia il dottore si può fare solo con la specializzazione o con la formazione in medicina generale, se si laureano 1.500 l’anno ci devono essere 1.500 posti solo qua a Firenze. Visto che già ora i posti nelle specializzazioni non bastano, senza selezione lo squilibrio sarebbe enorme. Mi sembra tutto un grande non-sense». Bechi si dice però favorevole alla revisione dell’attuale test d’ingresso: «Fatto com’è adesso è un modo sbagliato per selezionare i giovani: bisogna scegliere i migliori e i più motivati. Invece nei test vengono chieste cose assurde, senza alcuna attinenza col corso di studi».«È una fesseria di dimensioni stratosferiche, non sanno neanche di cosa parlano — tuona contro il comunicato di Palazzo Chigi l’assessore regionale alla salute Stefania Saccardi — In Italia non mancano i medici, ma gli specializzati: ogni cento laureati in medicina solo 60 trovano un posto in una specializzazione, mentre gli altri 40 si ritrovano in una specie di limbo. Dovrebbero essere aumentati i posti nelle specializzazioni, ma gli specializzandi costano, devono essere pagati. Allora il governo cosa fa? Come al solito getta fumo negli occhi, non spende niente e crea nuova disoccupazione».
Poi, a Saccardi viene consegnato il secondo comunicato, quello dei ministri Bussetti e Grillo, in cui genericamente si parla di «aumentare sia gli accessi sia i contratti delle borse di studio per medicina». «Vuol dire tutto e nulla — commenta Saccardi — Ma l’impressione è che stiano già ritrattando».
❞ L’ironia dei sindacati
Tanti dottori saranno disoccupati, servirà il reddito di cittadinanza