Corriere Fiorentino

UN BACIAMANO, ANZI DUE

- di Enrico Nistri

Nulla è più inedito della carta stampata, recita un vecchio detto che Montanelli attribuiva a Missiroli. E nessuno si è mai sognato di negare la bellezza dei Pastori di d’Annunzio perché il «tremolar della marina» è lo stesso del primo canto del Purgatorio dantesco. Eppure, qualcosa lascia l’amaro in bocca nella scoperta che Gian Marco Montesano, per illustrare il Drappellon­e del Palio (foto), forse non si è ispirato a una cartolina d’epoca, ma a un’immagine recente acquistata sul web; così che il soldatino italiano che porge un bouquet e fa il baciamano a una dama un po’ altera non sarebbe che la controfigu­ra di un fante tedesco con tanto di elmo chiodato. Appropriaz­ione indebita a parte, il Drappellon­e presenta però un pregio. Il fatto che il fante italiano sia stato ritratto nella stessa posa del suo collega tedesco ci induce a guardare con lo stesso affetto ai tanti giovani che partirono per il fronte con una promessa nel cuore. Nulla sappiamo di loro, tutto possiamo figurarci. Ci piace pensare che abbiano combattuto con onore «per il Re (o per l’Imperatore) e per la Patria», che siano sopravviss­uti alle tempeste d’acciaio di Verdun o del Carso, che siano tornati alle loro case, che abbiano onorato la loro promessa d’amore e abbiano fondato belle e prolifiche famiglie. Ma come escludere che siano caduti sul campo o siano finiti prigionier­i o disertori, decimati dalla spagnola, dalla Tbc, dai plotoni d’esecuzione? E le loro belle? Saranno rimaste fedeli alla loro promessa o si saranno consolate col primo imboscato? E, se rimaste sole, magari con un figlio concepito nell’euforia della partenza, saranno rimaste fedeli al ricordo del primo amore, aspettando fino all’ultimo un marito o un fidanzato dato per disperso, com’è accaduto a tante vedove bianche? Meglio sarebbe stato se nel Drappellon­e Montesano i baciamani li avesse riprodotti entrambi, il tedesco e l’italiano. Le loro pose sarebbero state la miglior commemoraz­ione della nobiltà e dell’inutilità di quella che è stata la prima guerra del Peloponnes­o dei popoli europei.

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