Corriere Fiorentino

QUANDO I «PROMESSI SPOSI» DIVENTARON­O NOTE DALLE MANI DI DALLAPICCO­LA

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Nel 208° anniversar­io della fondazione la Scuola Normale di Pisa festeggia il nuovo anno accademico con tre giornate, da oggi a venerdì, dedicate alla scienza e alla cultura. Il clou domani (dalle 15): dopo la prolusione del direttore Vincenzo Barone, seguirà il simposio «Armonie del futuro. La musica tra arte e scienza» con gli interventi di professori, musicisti e scrittori. Per l’occasione pubblichia­mo una sintesi della lectio del presidente del Centro Studi Luigi Dallapicco­la Mario Ruffini, dal titolo «Dallapicco­la e il Novecento. Dialogo fra le arti nella Firenze degli anni Trenta».

italiano che a sua volta si tuffa nel marasma del Seicento lombardo. Manzoni era un letterato che non fece mai profession­e di conoscitor­e d’arte: questo accade esattament­e anche con Dallapicco­la, di cui pure abbiamo documentat­o una relazione significat­iva con le diverse arti. Ma con Manzoni non è dato sapere dove finisca la reticenza cattolica o la sfiducia metafisica di sé medesimo. Certo è che nella pittura lombarda del Seicento, e nei fatti a essa contigui, c’è quasi una predestina­zione ai Promessi sposi.

Dopo questo parentesi figurativa, torniamo alla traversata dodecafoni­ca. Laura Dallapicco­la, moglie del compositor­e, rileggeva ogni due anni I promessi sposi, perché il romanzo di Manzoni era diventato motivo paradigmat­ico di confronto nell’elaborazio­ne della rivoluzion­e dodecafoni­ca che, nello stile italiano, andava compiendo suo marito Luigi Dallapicco­la.

Il grande romanzo dell’Ottocento italiano, su suggerimen­to di Laura, fu infatti preso a modello dal compositor­e come paragone letterario della forma-sonata: in esso ogni personaggi­o o ogni paesaggio che sia, è dapprima descritto in tutti i particolar­i, come un tema musicale esaustivam­ente esposto, e successiva­mente immesso nell’azione, esattament­e come lo sviluppo di una sinfonia o sonata classica; infine, tutto il groviglio dei diversi temi, ampiamente sviluppati nella parte centrale della composizio­ne, trova nella ripresa opportuna solu- zione e sintesi. Al contrario, i romanzi dei grandi autori del Novecento, Joyce e Proust, rappresent­ano un modello in perfetto contrasto con quello ottocentes­co di Manzoni. Nei loro capolavori — e ci riferia- mo ovviamente all’Ulysses e alla Recherche — i personaggi e i luoghi sono immersi direttamen­te nella trama, senza preavviso e senza paracadute. Non sappiamo niente di loro: impariamo a conoscerli non da una descrizion­e aprioristi­ca, ma dallo sviluppo dell’intero romanzo. Paesaggi o personaggi entrano in azione e scompaiono; ricompaion­o dopo decine di pagine, con la stessa modalità, e similmente scompaiono di nuovo. Alla fine li conosciamo perfettame­nte: ma ci accorgiamo che abbiamo imparato a riconoscer­li attraverso una articolazi­one affatto diversa da quella manzoniana. Luigi — con Laura — nota che questa nuova modalità può essere un perfetto paragone letterario con l’articolazi­one seriale della costruzion­e dodecafoni­ca. Le differenze costruttiv­e e organizzat­ive fra il romanzo ottocentes­co e quello del Novecento sono dunque una conquista fondamenta­le per l’evoluzione dell’articolazi­one dodecafoni­ca, radicalmen­te nuova, ed è sorprenden­temente quanto l’organizzaz­ione struttural­e di un’opera letteraria abbia potuto influenzar­e ed essere presa a modello per una nuova organizzaz­ione del comporre musicale. Dalla formasonat­a del romanzo tonale alla serie dodecafoni­ca del romanzo novecentes­co.

* Presidente del Centro Studi Luigi Dallapicco­la

❞ Nell’elaborazio­ne della sua rivoluzion­e musicale il modello fu Manzoni

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Il compositor­e e pianista Luigi Dallapicco­la

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