MAGGIO, IL DITTICO FUNZIONA A METÀ
La stagione lirica al Teatro del Maggio Musicale Fiorentino si è inaugurata con il dittico Ehi Giò-Le Villi, dagli esiti schizofrenici. Il sipario si è aperto sull’opera breve di Vittorio Montalti (presentata allo Sperimentale di Spoleto nel 2016, a Firenze è la prima assoluta della versione rivista), omaggio sui generis a Rossini: il quale è immaginato alla fine dei suoi giorni, mentre ripercorre la sua esistenza come in una seduta psicoanalitica (ad accoglierlo in scena non c’è un lettino, bensì un lettone) e ne insegue i fantasmi. Musica che avvince un piccolo ensemble di strumenti all’elettronica, brulicante di abili soluzioni ma dispersiva; un pulviscolo di effetti e concrezioni sonore che non garantisce alcun significato teatrale. E, d’altra parte, il libretto confezionato da Giuliano Compagno è deludente, non ha sostanza drammaturgica, gioca superficialmente sulle assonanze delle parole e sui luoghi più triti della biografia di Rossini. La proposta ha significati deboli, e dà anche adito a qualche dissenso da parte del pubblico quando Montalti esce sulla passerella finale. Diverso l’esito de Le Villi, opera d’esordio di Puccini ma degna di esser conosciuta, che rivive in uno spettacolo senza particolari voli ma in generale riuscito. E qui il pubblico gradisce all’unanimità. Come in Ehi Giò, a firmare regia e costumi è Francesco Saponaro, che accomuna i due titoli di questo dittico zoppo in un’ambientazione anni Settanta (con costumi di Chiara Aversano): nell’opera di Montalti le scene, ben curate, ricostruiscono un interno da Abbey Road Studios di Londra, luogo leggendario di sperimentazioni musicali; in quella di Puccini, ricreano la foresta nera della leggenda con l’efficace essenzialità di alti alberi stilizzati, disponendo d’intorno le sedie
❞ Fischi a «Ehi Giò» di Montalti, applausi a «Le Villi» di Puccini Il clou nel secondo atto
di un locale all’aperto e accogliendo un modulo che prima è la casa della protagonista Anna e poi il suo catafalco funebre. Ed è nelle Villi, nella Tregenda del secondo atto, che lo spettacolo di Saponaro trova il suo momento migliore, potendo contare sull’energia carica di entusiasmo e sulla fisicità erotica che i bravi danzatori della Compagnia Nuovo Balletto di Toscana, nella coreografia di Susanna Sastro, sanno esprimere. Ad Ehi Giò partecipano con convinzione il performer mimo Ludovico Fededegni, i cantanti Ljuba Bergamelli, Gregory Bonfatti, Salvatore Grigoli; Tony Laudadio è una buona voce narrante in entrambi i titoli. Nelle Villi, Maria Teresa Leva è un’Anna vigorosa e intensa, Leonardo Caimi un Roberto dalla voce sicura e flessuosa, Elia Fabbian un Wulf dalla fluida musicalità. Il direttore Marco Angius, così attento in Ehi Giò, nelle Villi è corretto ma inclina a sonorità troppo soverchianti e non dà i respiri necessari, pur trovando valida risposta nei complessi del Maggio. Repliche 20, 25 e 28 ottobre.