COME UNA BUSSOLA NELLA CITTÀ REALE (ANCHE DA LONTANO)
Quest’anno sono stato più volte ospite di una scuola, a parlare di scrittura. L’istituto, situato in fondo a via di Terzolle, mi risultava puntualmente arduo da trovare, anche perché, sottovalutando il tempo necessario ad arrivarci in bici dal centro, ero sempre in ritardo. Così, sfrecciando alla disperata, combattevo col dubbio angoscioso di essermi perso; a rassicurarmi giungeva ogni volta un viale riconoscibile perché alberato, intitolato al padre di tutti gli antiquari Giovan Filippo Mariti, tra i primi a viaggiare in Oriente, nonché tra gli iniziatori dell’«etruscheria», mania per i reperti etruschi che si diffuse negli ambienti massonici e illuministi del ‘700 e fu prodromo di quella passione per l’Egitto che tanto condizionò gl’immaginarî iniziatici del secolo successivo. Il Mariti fu anche geografo, sia pur amatoriale, ed è forse per questo che gli è stata intitolata una via la quale, occultamente, è funzione orientatrice chiave della struttura cittadina: si provi a rimpicciolire una mappa digitale di Firenze e se ne avrà la prova: la via permane nello schema fino a quando Firenze è così minuscola da veder spuntare Bologna e Perugia.
Se il Mariti era un esteta — nei suoi libri sull’Oriente le cose graziose avevano la priorità rispetto a quelle importanti — , il «suo» viale non può esser detto bello: ha gli alberi, ma i palazzi sono ordinari e non ci sono elementi d’interesse; pure, la sua vista può cagionare una certa commozione. Qui si ritrova un senso delle cose, una riprova che una «città reale» esiste. Certo, i due grandi accessi della Acustica Umbra paiono segnalare che la sua età media non dev’essere bassissima, ma una Games Academy poco dopo segnala che non mancano neppure i ragazzi; la vita vi si dipana tra forni, vecchi negozi di confezioni, cartolerie, rosticcerie cinesi e articoli per la casa, con un «tasso di realtà» che manca tanto al centro storico quanto alle periferie più residenziali. Tasso di realtà che include anche un cinema sbarrato e un «compro oro»; tuttavia, passando da qui si ritrova un senso di ‘900 che tanto oggi sfugge, e che ha preso forse già i toni seppiati dell’amarcord.