«I comitati civici renziani? Il rischio è l’ammucchiata»
Dalla Leopolda Renzi ha lanciato i comitati civici contro il governo Conte e tanti hanno pensato: «Ecco l’inizio di un nuovo partito». Il politologo Marco Tarchi non la pensa così, ma avverte: c’è il rischio ammucchiata, che favorirebbe i gialloverdi.
Dalla Leopolda Matteo Renzi ha lanciato i «comitati di azione civile» contro il governo Lega-Cinque Stelle e subito si sono scatenate le interpretazioni: «Ecco il primo passo verso un nuovo partito», hanno detto in tanti. Marco Tarchi, professore di Scienza della Politica all’Ateneo di Firenze, non la pensa così: «Dubito che possano essere il nucleo di un’operazione del genere. A meno che non siano stati pensati come tali a tavolino, ma allora di civico hanno ben poco».
Professor Tarchi, i comitati civici possono rilanciare l’opposizione ai gialloverdi?
«A mio parere, no. Tutto il gran parlare che da tempo si fa di fronti comuni contro il “nemico” populista rischia di trasformarsi in un boomerang. Ciascuno a suo modo, Lega e Movimento Cinque Stelle tengono molto a caratterizzarsi come alternative radicali al tradizionale modo di fare e di intendere la politica, e vedersi di fronte, in una sorta di ammucchiata, soggetti eterogenei che comunque hanno nel loro retroterra partiti tradizionali non può che favorire la loro strategia. Inoltre, quali sarebbero questi cittadini pronti ad arruolarsi in comitati che fanno riferimento a Renzi? Ce li vede lei gli emuli italiani degli indignados disposti a mobilitarsi a sostegno del disegno politico di un personaggio a cui hanno rimproverato per anni di voler spostare a destra la sinistra? Io proprio no. Credo si tratti di una delle tante formule estemporanee a cui i politici, specialmente quelli in disgrazia, ricorrono per riguadagnare visibilità».
C’è chi vede in questi comitati la prova generale di una nuova forza politica, il partito di Renzi. Che ne pensa?
«Che Renzi abbia in mente di lanciare — e pilotare in prima persona — un partito proprio mi sembra un’ipotesi credibile. La sua mai placata ambizione di protagonismo deve trovare sfogo in qualche modo, e se le cose non andassero come spera in seno al Pd, è facile immaginare una sua scelta in quella direzione. Ma che gli ipotetici comitati possano costituire il nucleo portante di un’operazione di quel tipo è più che dubbio. A meno che non siano stati pensati come tali a tavolino, e quindi di civico abbiano ben poco».
Parallelamente ai comitati, i renziani pensano di lanciare alcune liste civiche in vista delle Comunali della prossima primavera: liste alleate al Pd che allarghino il campo del centrosinistra. Non è un po’ paradossale che questa operazione venga varata nella regione dove il Pd renziano è più forte?
«Lo è, e molto. E testimonia quella volontà, in prospettiva, di smarcarsi dal partito qualora questo non rientrasse sotto lo stretto controllo dell’ex segretario e dei suoi fedelissimi. Va detto però che non si tratta di un’idea particolarmente innovativa: in elezioni di vario ordine e grado la coalizione di centrosinistra è già ricorsa al collegamento con liste civiche, con risultati alterni e in generale meno felici di quelli raggiunti da iniziative analoghe nate nell’ambito del centrodestra. Resta poi da capire in quale direzione potrebbe avvenire questo allargamento».
L’ex premier ha chiuso la Leopolda con un discorso dai toni forti, parlando di «cialtronaggine» e «incompetenza» del governo. È un modo per cercare di combattere i gialloverdi con la loro stessa lingua? E secondo lei può funzionare?
«Ne dubito molto. E mi stupisce — anche se rientra perfettamente nel suo profilo psicologico, nella mentalità che ha contraddistinto molte delle sue mosse precedenti — che Renzi dia prova di non aver tratto alcuna lezione dagli smacchi in serie che ha subito. Un politico accorto, specialmente se abituato a servirsi con continuità degli strumenti del marketing politico-elettorale, avrebbe dovuto analizzare o far analizzare dai suoi consulenti i propri punti deboli e mettere a punto le modifiche necessarie a proiettare un’immagine diversa da quella, ormai diventata perdente, del passato».
E invece? Nella prima serata della Leopolda Renzi ha simbolicamente messo sotto chiave i provvedimenti presi dal suo governo, come dire: basta parlare del passato...
«Invece, la Leopolda ha mostrato al pubblico lo stesso incontrollabile narcisismo di sempre, gli stessi toni esasperati, le stesse smorfie, gli stessi passaggi urlati a squarciagola. Un repertorio da comizi di altri tempi, da raduni del fan club, il tutto in uno scenario da spettacolo teatrale più che da incontro politico, che non servono minimamente a convincere chi non è già convinto. In uno scenario in cui l’esasperazione della protesta, l’emotività e l’esibizione degli umori sono strumenti già monopolizzati e utilizzati con successo da altri, cioè dai populisti, un atteggiamento di questo genere non può che apparire un tentativo di rincorsa, un’imitazione tardiva. Sono scelte che non pagano».
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Effetto boomerang Creare un fronte comune anti Lega e 5 Stelle potrebbe finire con il rafforzarli
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Guardando a sinistra Mi sembra difficile che gli indignados italiani possano aderire a un progetto renziano
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No alle imitazioni La protesta e l’emotività sono strumenti già usati dai gialloverdi, sbagliato rincorrerli su questo piano