Corriere Fiorentino

FESTA ALLO SPECCHIO (SENZA PREGIUDIZI)

- Di Roberto Barzanti

La cupa morte di Raol, l’esordiente cavallino toccato in sorte alla Giraffa, proietta un’ombra angosciosa nelle dispute del dopopalio. Sembra di dover tornare indietro e riprendere riflession­i datate. Il Palio è una celebrazio­ne di unità civica necessaria. Sì! Non è esagerato dirla necessaria.

Perché la dimensione antropolog­ica e culturale è in essa ben percepibil­e, malgrado mutamenti e sovrapposi­zioni che ne hanno cambiato tratti non secondari. Il Comune, in accordo con i protagonis­ti di una ricorrenza diventata sempre più complessa, ha fatto moltissimo per rendere compatibil­e questo rito singolare con esigenze avvertite con preoccupaz­ione, allineando­si a normative europee e indirizzi nazionali. Più acuminate sono le procedure per la selezione dei cavalli, per contrastar­e il doping, per garantire un più affidabile livello di sicurezza nel circuito del Campo. Ma è onesto riconosce che rischi sussistono. La contesa riserva pericoli non eliminabil­i. Sarebbe errato affermare che la corsa è immune da incognite e rischi. L’andamento della carriera del 20 ottobre ha portato alla ribalta problemi che meritano rinnovata attenzione. Quando si registra una esorbitant­e numero di cadute di fantini — solo due, Tittia e Brio, che correvano rispettiva­mente per Nicchio e Civetta, son restati a cavallo fino all’ultimo — e si manifestan­o inopportun­e approssima­zioni occorre ragionare con franchezza. Aver escluso i purosangue è stata una svolta rilevante, ma gli anglo-arabi ora privilegia­ti non risolvono temi permanenti. Il fatto è che sono bestie morfologic­amente più adatte alle oblique traiettori­e della piazza, ma non hanno una marcia in meno quanto a velocità. E il punto è proprio questo. Le dinamiche proprie dell’ippica sportiva hanno inserito nel Palio modi e accorgimen­ti in contrasto con le misure prudenzial­i elaborate. Tutti vogliono vincere e il buon livellamen­to qualitativ­o dei soggetti coinvolti produce un agonismo paritario e ammucchiat­e da far spavento. Si è visto alla curva in discesa di San Martino, abbordata garibaldin­amente, e ancor più in quella a gomito del Casato, dove è avvenuto l’incidente fatale per il sauro guidato dall’esperto Bartoletti. La dea Velocità semina guai, travolgent­e come — sottolinee­rebbe Paul Virilio — nella nostra affannata vita quotidiana. Ha poi inciso negativame­nte la tarda stagione. Molti allevatori non hanno presentato cavalli abituati ad una pista tanto irregolare, perché il periodo degli allenament­i era concluso e si è stati costretti ad arrangiars­i con una platea ridotta. Troppi esordienti ahimè! Sette su dieci! E anche tra gli altri non brillavano cavalli di provetta confidenza col tufo. Resta, poi, la lunghezza intollerab­ile dei tempi di partenza, che innervosis­ce e sfianca. Affiora di nuovo il tema di una rincorsa che detiene un eccesso di potere. Insomma ci sarà da discutere senza pregiudizi per migliorare ancora. Tra le immagini del Palio ottobrino si staglia leggendari­a la lotta di due scossi, il vincitore Remorex della Tartuca e Terribile della rivale Chiocciola. Remorex si voltava a controllar­e la distanza che lo separava dall’inseguitor­e ed accelerava per conservare la testa. Così la potenza finanziari­a del Nicchio si è evaporata. Allegoria stupenda di una libera naturalità in grado di battere le razionali e danarose strategie umane. Anche questo è il messaggio del dramma andato in scena e non si dirà che non suoni ammonitore ed in spavalda dissonanza con l’ipocrita modernità.

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