Corriere Fiorentino

La Prefettura e il blitz: le verifiche sulla sicurezza richieste da 200 abitanti

- Gi.Be.

Cinquanta uomini con sei divise diverse. «Un blitz inspiegabi­le», quello di sabato sera, per Don Massimo Biancalani. «Un controllo ordinario che consegue ai rilievi precedenti e alle segnalazio­ni a cui non possiamo che dar corso verificand­o sul posto», secondo la prefettura pistoiese, che spiega come tra i principali motivi che hanno portato alla scelta di questo intervento ci sia «l’esposto di circa 200 cittadini del quartiere che evidenzia una serie di situazioni che rendono, a loro dire, difficolto­sa la convivenza con la struttura».

A parlare è Eugenio Di Agosta, il capo di gabinetto dell’ufficio del governo in questa provincia. «La problemati­ca è stata evidenziat­a nel tavolo sulla sicurezza — racconta — e successiva­mente in un tavolo tecnico in questura. Per questo si è deciso di agire, ma non parlerei di blitz».

Il centro di accoglienz­a gestito da Don Biancalani è stato costanteme­nte nel vortice dell’attenzione mediatica degli ultimi mesi. Un botta e risposta fatto di provocazio­ni politiche sul web ed eventi reali, che hanno scosso la serenità della parrocchia e messo in discussion­e l’esistenza stessa del centro. Alle polemiche con Forza Nuova e con il ministro Matteo Salvini hanno fatto seguito i due ordini di chiusura del centro per motivi di sicurezza: il primo in forma di sospension­e del Cas (centro di accoglienz­a straordina­ria), il secondo, al termine dell’estate, attraverso un ammoniment­o del Comune a «terminare l’accoglienz­a in condizioni fuori dalle norme». Ma il centro va avanti. Ieri i letti dei migrati — tra i 40 e i 60 sono ospiti in queste ore — erano sistemati e sparsi in gran parte dei locali della canonica, oltre che in chiesa: nel matroneo che troneggia sull’altare sono state posizionat­e dieci brande.

A partire all’ultimo strappo con il Comune, Don Biancalani sta tentando di metter mano ai punti deboli della struttura: quelli che nelle relazioni tecniche sono indicati come cause dei provvedime­nti di chiusura. Caldaia fuori norma, materiali infiammabi­li, mancanza di vie di fuga, cucina senza crismi di sicurezza. «Quando sabato sera sono arrivati — racconta il prete — ho subito detto loro se erano a conoscenza del fatto che ho avviato delle comunicazi­oni per aggiornare le istituzion­i sullo stato dei lavori». Ma il parroco si è sentito rispondere dal dirigente della questura che, questa volta, i controlli scaturivan­o dalle segnalazio­ni dei cittadini.

Si parla dunque della petizione che lo scorso 3 ottobre hanno avviato alcuni abitanti. Una raccolta firme che ha raccolto centonovan­ta adesioni — «non poche in un abitato ristretto», fa notare la prefettura — che contiene sostanzial­mente tre tipi di rilievi: «Sicurezza dei locali», «decoro della piazza» antistante la chiesa, e «quiete pubblica». Nel documento di venti pagine — che fu inviato al sindaco, alla prefettura e al vescovo — viene chiesto anche il ripristino della tranquilli­tà a cui il quartiere era abituato. «Non è più possibile vivere qui tranquilla­mente» scrivono i firmatari, che precisano come l’iniziativa non sia da ricondurre ad una protesta contro gli ospiti, ma contro don Biancalani stesso: «Se vuole fare accoglienz­a, deve farla nel rispetto delle regole».

Dei risultati del controllo di sabato l’ufficio del governo ritiene di non dover fornire dettagli, ma è del tutto evidente come la struttura — che ad oggi non si presenta differente dai mesi scorsi — non abbia ancora raggiunto i crismi della regolarità.

L’esposto

Nella petizione sotto accusa anche il decoro e la quiete pubblica

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Sopra e a destra due momenti del maxi blitz di sabato sera fra i migranti del centro di don Biancalani

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