Il ‘68 dell’Isolotto: Don Mazzi, La Pira e un’altra piazza
Nell’autunno di 50 anni fa la frattura tra la comunità di don Mazzi e il cardinale Florit Il duro conflitto con la Curia, la mediazione fallita di La Pira e la piazza scelta per pregare
Isolotto, dicembre 1968. Dai verbali dell’incontro-scontro tra il cardinale Ermenegildo Florit e il parroco don Enzo Mazzi. Florit: «Oggi stesso voglio concludere definitivamente e entro domani voglio inviarti il decreto di rimozione. Ho già definitivamente giudicato. Non esiste sul diritto canonico niente che mi obblighi a parlare con te». Mazzi: «Queste sue affermazioni sono troppo gravi. In fondo non le chiediamo un miracolo, le chiediamo solo che ci possiamo spiegare, le chiediamo di essere compresi e ascoltati».
Il dado è tratto. Il giorno dopo l’incontro, il 4 dicembre 1968, il cardinale invia a don Enzo Mazzi la rimozione da parroco dell’Isolotto. Il passo teso e ultimativo dell’incontro tra Florit e Mazzi, riproposto nel libro di Jacques Servien (L’esperienza cristiana dell’Isolotto), presentato ieri dalla storica Anna Scattigno nella due giorni dedicata dalla comunità dell’Isolotto alla ricorrenza della sua nascita cinquant’anni fa, è un botta e risposta incalzante e drammatico che rivela due concezioni della Chiesa agli antipodi e inconciliabili. L’una fondata sul primato di Pietro e del suo rappresentante, il vescovo, e l’altro della comunità cristiana.
Il ‘68 non è stato solo rivolta politica e studentesca. Ha investito anche la Chiesa, appena uscita dal Concilio e attraversata dal fuoco della controversia «tra tolemaici e copernicani», secondo una definizione di padre Ernesto Balducci. Per i primi al centro dell’universo vi era la Chiesa, per i secondi, debitori dell’umanesimo cristiano dei filosofi francesi Jacques Maritain e Emmanuel Mounier, la centralità era data dall’uomo. La Chiesa doveva essere al servizio dell’uomo, non viceversa.
Così nell’autunno del 1968,
mentre Lettera a una professoressa della scuola di Barbiana infiamma le università e le parrocchie, Adriano Celentano canta Azzurro con le domeniche all’oratorio e «neanche un prete per chiaccherar…» e la Fiorentina yé yé di De Sisti e Amarildo inizia il campionato del secondo (e ultimo) scudetto, il vento della contestazione investe impetuoso anche la Chiesa, come ha raccontato lo storico Alessandro Santagata (autore di La contestazione cattolica. Movimenti, cultura e politica dal Vaticano II al ‘68). Un vento che da Parma spira gelido in riva all’Arno.
Succede infatti che il 14 settembre alcuni studenti, in gran parte provenienti dall’Università Cattolica di Milano occupano il Duomo di Parma per denunciare l’autoritarismo della Chiesa e la sua collusione con il potere. La polizia carica gli occupanti in preghiera. Paolo VI biasima l’occupazione. L’Isoe
❞ Mentre la «Lettera» di don Milani infiamma le Università e Celentano canta «Azzurro», il vento della contestazione investe anche la Chiesa
lotto e altre due parrocchie fiorentine inviano invece agli occupanti una lettera di solidarietà. Florit, inviato da Roma nel 1954, per mettere ordine nell’irrequieto mondo cattolico fiorentino lapiriano (come ha sottolineato anche lo storico Pietro Giovannoni), dopo aver esiliato don Milani a Barbiana e favorito il trasferimento fuori Firenze di altri «folli di Dio» come padre David Turoldo e Balducci, non poteva passare sotto silenzio al lettera della comunità dell’Isolotto. Così il 30 settembre intima a don Mazzi di ritrattarla. La risposta di Mazzi suona come un atto di sfida: deciderà l’assemblea della parrocchia. La Nazione il 23 settembre strilla in locandina a titoli cubitali: «Un parroco sconfessato dal cardinale chiama i parrocchiani in assemblea». L’assemblea, che si tiene il 31 ottobre, respinge la richiesta del cardinale Florit. È la «guerra» tra l’Isolotto e la Curia
come in ogni conflitto entrano in campo i mediatori. Tra questi il papa che implora Mazzi a desistere dallo scontro con il suo vescovo.
Scendono in campo anche 108 sacerdoti della diocesi che chiedono a Florit di sospendere ogni decisione e di convocare il Consiglio presbiterale. Tra i firmatari della mediazione tra Curia e Isolotto spicca il nome di don Silvano Piovanelli, compagno di seminario di don Mazzi. Divenuto nel 1982 arcivescovo di Firenze, Piovanelli
tre anni dopo, farà visita alla comunità dell’Isolotto. Un gesto che sembrava promettere una riappacificazione che non c’è stata. Tra i mediatori anche Giorgio La Pira. Tra lui e don Mazzi corre sangue amico. Fin dalla nascita del quartiere dell’Isolotto, il 6 novembre del 1954, con la consegna da parte del sindaco La Pira delle chiavi di circa 1.000 appartamenti costruiti con il piano Ina-Casa. Don Mazzi, che allora aveva 27 anni e sognava di andare missionario in Africa , viene mandato parroco dell’Isolotto. «Quella sarà la tua Africa», gli dice il cardinale Elia Dalla Costa. Ma ogni mediazione fallisce. La Pira si arrende e tra Florit e Mazzi sceglie il vescovo: «Ubi episcopus, ibi ecclesia».
Le ultime messe nella parrocchia Beata Vergine Maria delle Grazie, più semplicemente detta la parrocchia dell’Isolotto, don Mazzi e la sua comunità le celebrano alla fine del 1968. Nel 1969 la Curia invia altri sacerdoti a guidare la parrocchia e don Mazzi, i suoi coadiutori don Sergio Gomiti e don Paolo Caciolli scelgono la piazza come chiesa. Lì si radunano e celebrano la messa. Sotto il sole e la pioggia. «Eppure il vento soffia ancora», è il titolo del convegno che si concluderà oggi, alle ex Baracche verdi, dove dopo mezzo secolo la comunità si riunisce ogni domenica per leggere i brani della Bibbia e spezzare il pane. «Ritrovarsi ancora a ‘spezzare il pane’ ha per noi il senso di non disperdere un’esperienza portata avanti per oltre 50 anni, di affermare una continuità e anche che un’altra strada è possibile», spiega Mario Bencivenni.