«Smantellare le zone franche»
Le donne medico di Ponte a Niccheri all’incontro col sindaco: mai più casi Varlungo
A un mese dall’appello dopo l’ultimo stupro a Varlungo l’incontro fra le donne medico di Ponte a Niccheri e il sindaco si è tenuto giovedì scorso a Palazzo Vecchio. Ostetriche e infermiere hanno chiesto a Nardella di smantellare i buchi neri e le zone franche come il Varlungo, ma anche più illuminazione e controlli. E il sindaco le ha invitate a portare avanti insieme la battaglia per la certezza della pena.
Aveva detto che le avrebbe incontrate e così ha fatto. A un mese dall’appello giovedì pomeriggio il sindaco Dario Nardella ha ricevuto a Palazzo Vecchio una rappresentanza delle donne (medici, operatrici, ostetriche, psicologhe) dell’ospedale di Ponte a Niccheri. Erano state loro, esattamente un mese fa, a lanciare una petizione diretta proprio a lui, poche ore dopo aver soccorso e assistito la giovane asiatica aggredita e stuprata al Varlungo.
Il loro era un grido di rabbia e una richiesta di aiuto, «non si può andare avanti così» scrivevano in quella petizione sulla piattaforma online change.org che nel frattempo ha raggiunto quasi 55 mila firme; tra le altre cose chiedevano che proprio il sindaco si impegnasse a farsi promotore «di una legge nazionale che renda certe le pene per chi commette questo crimine». Nardella aveva risposto a stretto giro — «il loro appello mi ha colpito» — così finalmente l’incontro si è fatto.
Al tavolo c’erano anche rappresentanti del reparto della polizia municipale specializzato nella violenza di genere, i compagni e l’insegnante del conservatorio dove studia la giovane aggredita a settembre e l’assessora alla sanità e pari opportunità, Sara Funaro. Sarà proprio lei, d’ora in poi, a tenere i contatti con le donne di Ponte a Niccheri che entreranno a far parte del tavolo di lavoro sulla violenza di genere.
Al centro dell’incontro ci sono stati vari temi, già esposti nel testo della petizione: innanzitutto la necessità di aumentare l’illuminazione e la sorveglianza in quella zona le cui criticità erano note da tempo e dove solo tre mesi prima, a giugno, era stata aggredita e stuprata un’altra giovane, una donna giapponese che stava facendo jogging all’alba. Le indagini hanno chiarito che l’autore delle aggressioni a sfondo sessuale sarebbe stato lo stesso uomo, Arnaut Mustafa, un pluripregiudicato romeno di 25 anni, fermato dopo il secondo stupro (ma è indagato per quattro violenze commesse nell’arco di un anno), che viveva accampato in un fabbricato al Varlungo,
noto per dare riparo a soggetti di ogni tipo. È anche su questo che si sono concentrate, fin dall’inizio, le proteste delle firmatarie della petizione: sulla necessità di fare ordine, di intercettare e smantellare questa sorta di «zone franche» di cui tutti sanno e dove tutto può succedere, di eliminare questi «buchi neri che si aprono nella civiltà».
Come quel palazzo nel quartiere di San Lorenzo, a Roma, dove pochi giorni fa è
stata stuprata e uccisa la giovane Desirée Mariottini. Questa recrudescenza delle violenza sulle donne fa paura e loro che si trovano in prima linea — anche perché attive nel protocollo del Codice Rosa che esiste ormai in tutti gli ospedali della Toscana — vogliono fare qualcosa per tentare di fermarla. Per non dover più vedere i segni delle percosse e degli abusi, fisici e psicologici, sui corpi inermi di giovani donne. Perché da questo dolore possa nascere qualcosa di positivo.
Il sindaco Nardella, da canto suo, ha ribadito con forza l’impegno messo in campo da Comune di Firenze e la richiesta di quei duecentocinquanta uomini che mancano all’organico delle forze dell’ordine; soprattutto si è impegnato a fare da tramite con i parlamentari toscani a Roma, affinché si inizi un percorso per arrivare a una nuova legge nazionale sulla violenza contro le donne che preveda pene certe. Che è quello che le donne vogliono, non solo quelle di Ponte a Niccheri. Oltre alla possibilità di camminare da sole, e sicure, per le strade delle loro città.