La comunità ucraina ha una chiesa «È finita l’epoca dei pellegrinaggi»
La parrocchia è quella dei Santi Simone e Giuda, oggi il primo rito
Nasce oggi la Parrocchia Personale ucraina di «San Michele Arcangelo» con sede nella chiesa dei Santi Simone e Giuda, nel centro storico, già punto di riferimento della comunità. La prima parrocchia ucraina della Diocesi di Firenze, un momento atteso da 16 anni, da quando è nata la comunità.
La domenica di festa avrà il suo culmine alle le 12.30 con la celebrazione liturgica in rito bizantino e in lingua italiana, cantata dal coro della comunità ucraina e della Fraternità Monastica di Gerusalemme, presieduta dall’arcivescovo di Firenze Cardinale Giuseppe Betori e concelebrata dai sacerdoti di Firenze. «La prima messa fu celebrata il 24 novembre 2002 per un matrimonio nella basilica di San Marco — racconta padre Vladimiro Voloshyn,
che sarà alla guida della nuova parrocchia — Per un anno siamo stati in pellegrinaggio tra le varie chiese fiorentine poi abbiamo trovato una sede stabile nella chiesa dei Santi Simone e Giuda». Ogni giovedì e domenica la chiesa si riempie di fedeli per la liturgia, 150 persone che diventano anche 500 nei giorni di festa, quando arrivano dalle città della Diocesi. La comunità greco-cattolica ucraina di Firenze è formata da circa mille persone, soprattutto donne, venute in Italia per fare le badanti. Negli anni è cresciuta: «Sono sempre più le coppie italo ucraine e i figli nati qui parlano italiano e conoscono poco invece tradizioni e lingua dei loro genitori. Le famiglie pensano ai figli, a garantire loro un futuro qui». Così da tre anni, nell’oratorio accanto alla chiesa è nata la scuola dove
i ragazzi imparano lingua, geografia e cultura del paese di origine. E seguono il catechismo dei cattolici di rito bizantino. In Italia sono 145 le comunità ucraine presenti, ma solo sette le parrocchie. Quella fiorentina è l’ultima nata e la comunità greco-cattolica ucraina ha di fronte una sfida: «Sono sempre più le famiglie italo ucraine che vengono alla nostra liturgia — dice padre Vladimiro — Forse dovremmo pensare di adattarla alla lingua italiana».