NON DELUDERE I GIOVANI (BRAVI)
In Italia ci sono decine di migliaia di posti di lavoro vacanti perché nessuno li vuole; e ammettiamo pure che non pochi siano i giovani «sdraiati», secondo la definizione di Michele Serra, o un po’ «choosy», cioè schizzinosi, come disse Elsa Fornero. Certamente non c’è da essere teneri con chi evita di fare i conti con la realtà della vita, rimandando al futuro l’incontro col mondo del lavoro, però occorre anche ricordare che molti ragazzi, soprattutto nel settore della ristorazione e in generale del turismo, trovano lavoro ancora prima di diplomarsi. E che il volto con cui si presenta il «mondo del lavoro» è spesso molto deludente, da quello che mi raccontano alcuni ex allievi dell’istituto alberghiero: è il volto dello sfruttamento più spregiudicato.
Ci sono neo-assunti sottoposti a settimane di prova senza assicurazione, al termine delle quali non solo non vengono riassunti, ma in alcuni casi neanche retribuiti, perché i padroni (la parola imprenditore in questi casi non è appropriata) hanno a disposizione liste ben fornite di nomi di giovani disposti a mettersi alla prova e a sostituire chi viene cacciato spessissimo con scuse varie. C’è chi assicura i «sottoposti» per 3-4 ore al giorno, mentre le sue giornate lavorative sono fatte, come per gli altri, di 12-13 ore. Un ragazzo addirittura mi ha riferito di essere coperto solo per 5 ore la settimana. Sono purtroppo situazioni da «prendere o lasciare», in cui quest’ultima opzione molti giovani non se la possono proprio permettere, anche perché temono, in molti casi non a torto, che far valere i propri diritti precluda la possibilità di trovare lavoro altrove. Ci sono anche situazioni in cui il lavoro completamente al nero è concordato con il dipendente, soprattutto nel caso in cui a quest’ultimo possa così continuare a essere garantita, almeno fintanto che la legge glielo permetterà, l’indennità di disoccupazione.
Di fronte a situazioni probabilmente abbastanza diffuse come queste, occorrerebbe che le autorità preposte ai controlli prendessero adeguate contromisure e che i sindacati facessero di più. Ma sarebbe altrettanto importante che gli stessi rappresentanti delle imprese prendessero una posizione netta contro questo malaffare, salvando il senso stesso di civiltà che cerchiamo di insegnare ai nostri ragazzi nelle scuole. Che torni pure nelle aule l’educazione civica, purché anche il mondo del lavoro e la società in genere si facciano carico di non tradirla.