A rischio alluvione 226 Comuni toscani
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Otto Comuni su 10, in Toscana, 226 in tutto, hanno almeno una zona a rischio alluvione. Lo dicono i dati di Legambiente e dell’Autorità di bacino. E qua non ci sono case abusive in pericolo, ma abitazioni regolari costruite in zone a rischio. Per questo, la Regione ha già lanciato un piano straordinario di interventi lungo i fiumi, per allargare gli alvei e aumentare la sicurezza, oltre a 91 interventi a difesa delle zone in emergenza.
Ci sono ancora oltre 5 mila abitazioni abusive, in Toscana. Ma a preoccupare di più, in caso di eventi eccezionali alluvionali (ormai sempre più frequenti) come quelli avvenuti in Trentino, Veneto o Sicilia, sono le case «legali» costruite nelle zone pianeggianti della nostra regione. Perché il cambiamento climatico aumenta il rischio e comporta nuove esigenze di sicurezza. Una corsa contro il tempo, inteso anche come clima metereologico, che prevede 91 interventi in corso finanziati dallo Stato e dalla Regione e un nuovo piano di «allargamento» degli alvei dei fiumi, annunciato dal presidente toscano Enrico Rossi.
Il numero delle case abusive arriva da un rapporto di Legambiente intitolato «Abbatti l’abuso»: 5.098. Ma come spiega il presidente del Consorzio di Bonifica Medio Valdarno, Marco Bottino, «qui non esistono abusi edilizi simili a quelli che hanno portato alla tragedia siciliana». Cioè non ci sono case abusive sui letti dei fiumi: semplicemente, le case sono legali. «Perché ci sono state programmazioni urbanistiche sbagliate. Ci sono case nelle aeree golenali, in aree a rischio, ma con concessioni valide». Di abusivo, in realtà, qualcosa c’è: «Ci sono orti, piccoli cantieri, su cui interveniamo. Nelle pertinenze fluviali purtroppo si è costruito con previsioni urbanistiche che hanno inglobato poi i fiumi. Questo comporta la necessità di una manutenzione più spinta e di fare casse di espansione per mettere in sicurezza ex post. Questo è un problema di tutte le regioni italiane: a Genova ci sono case costruite su fiumi tombati, ma in modo legittimo».
«È esattamente così — conferma Fausto Ferruzza, presidente di Legambiente toscana — da noi si può postulare una urbanistica che si è concentrata sulle aree pianeggianti, quindi quelle più a rischio. Il corso dell’Arno, quello dell’Ombrone pistoiese soprattutto: lì si è costruito molto. È la storia dell’antropizzazione romana e delle centuriazioni (il modo in cui i romani costruivano il territorio agricolo ndr): l’acqua portava scambi, vita, ma anche pericolosità. Aulla o Albinia sono casi di scuola».
Questo però comporta una situazione rischiosa: «Circa l’82 per cento dei Comuni in Toscana, 226 su 282, ha almeno un’area soggetta a rischio o
L’appello di Rossi «Chiedo a Genio civile e Consorzi di Bonifica di liberare i letti dei fiumi dalla vegetazione»
frana o alluvione». A spiegare quali sono, queste zone, ci pensa l’Autorità di bacino dell’Appennino settentrionale, che ha inglobato l’ex Autorità di bacino dell’Arno. Ha diviso tutto il territorio in 4 zone di rischio: quelle a rischio quasi zero, quelle dove il «tempo di ritorno» delle alluvioni è lunghissimo, tra 200 e 500 anni. Quelle medie, con tempo di ritorno tra 200 e 30 anni. E quelle veramente a rischio, dove è probabile che ogni trent’anni ci si ritrovi sott’acqua. A Firenze, tranne alcune zone del centro, solo l’area intorno al Mugnone è nella fascia di rischio più alta, così come buona parte del bacino dell’Ombrone pistoiese, a valle di Pistoia: per finire sott’acqua, in centro, occorre un evento eccezionale come quello del ‘66. Nel fiorentino, ancora, a rischio «P3», massimo, è la zona di Signa. Scendendo lungo l’Arno, tutto il Valdarno inferiore, da Empoli all’area di Montopoli, Santa Croce sull’Arno, fino allo scolmatore. E guardando la cartina dell’Autorità, si rivedono le zone dove si sono verificati i più gravi episodi alluvionali negli ultimi anni: dal Serchio (Massarosa, Massaciuccoli) fino a Carrara, lungo il carrione, Avenza. Oppure Orrbetello, Grosseto, o la Val di chiana.
Queste zone sono interessate dai 91 interventi (per circa 50 milioni di euro) già previsti e finanziati da Stato e Regione per affrontare il rischio idrogeologico. Se quelli «storici», come le casse di espansione a Figline per mettere in sicurezza Firenze, sono in fase di completamento, altri devono partire o sono in fase di costruzione. Tra questi, quelli introdotti dopo alcune tragedie come la difesa dell’abitato di Marina di Massa, Marina di Cecina o Follonica.
«Con la legge 21 del 2012 abbiamo vietato nuove costruzioni negli alvei, sugli argini dei fiumi, nelle zone di espansione ed in quelle a rischio, che in Toscana corrispondono a circa 973 chilometri quadrati, ed interessano 263 comuni su 276» spiega la Regione. Ma non basta. Così il presidente Enrico Rossi ha chiesto ai responsabili dei 5 Geni civili e dei 6 Consorzi di Bonifica operativi sul territorio regionale di far partire il Piano regionale per ridurre la vegetazione presente nei letti dei principali fiumi della Toscana e dei loro affluenti, così da accrescere la loro capacità idrica e ridurre il rischio di esondazioni. «Siamo da sempre convinti — spiega il presidente Rossi — che mantenere il nostro territorio sia fondamentale. È per questo che spendiamo ogni anno circa 100 milioni di euro per la sua tutela attraverso nuove opere pubbliche, a cui ne aggiungiamo altrettanti per le manutenzioni dei corsi d’acqua. Il nostro è il passo del montanaro, calmo ma costante, che sta dando risultati apprezzabili da chiunque».