Dagli allarmi al ruolo dei sindaci: i sette fronti aperti
Gli esperti: bisogna far diventare i cittadini le sentinelle della sicurezza di fiumi e fossi
La sfida è ambiziosa. Le sfide, anzi, dal momento che ieri a Firenze il Gral, Gruppo Alluvioni, si è riunito per il convegno «Rischio alluvionale: sette sfide per il 2020» che ha fatto il punto sugli «anelli deboli» della prevenzione e degli interventi, con uno sguardo sui vari temi in campo.
Temi di stringente, e spesso tragica attualità, su cui la realtà nata due anni fa — per iniziativa del Gruppo italiano di idraulica, del Consorzio interuniversitario per l’idrologia e del Comitato Firenze 2016 — si è confrontata. Sette le sfide individuate per un salto di qualità sul rischio idrogeologico: sicurezza partecipata; previsione efficace e comprensibile; chi paga?; pianificazione e gestione della difesa dalle alluvioni; il ruolo dei sindaci; omogeneità dei dati e dei metodi di valutazione; sostenibilità ed efficacia delle difese dal rischio idrogeologico. «Il dibattito ha evidenziato una questione trasversale — spiega il professore Fabio Castelli, presidente della Scuola di Ingegneria e membro del Gral — e cioè la necessità di una cittadinanza attiva, partecipe e informata. Tutti ad esempio disquisiscono e seguono i siti sul meteo, ma quanti sono in grado di capire un bollettino sulle piene o sul rischio alluvioni? Quanti cittadini sanno dove trovarlo? Il convegno ha messo insieme scienziati ed esponenti di amministrazione pubbliche proprio per accorciare le distanze su temi così cruciali, anche alla luce del cambiamento climatico».
Il primo passo è far diventare il cittadino, i giovani in primis, un «sensore» del rischio, che interagisce con chi gestisce misure ed emergenze, ma si è affrontata anche la necessità di una leggibilità degli allarmi. «I dati oggi ci sono e sono dettagliati, ma se io parlo di “reticolo minore” e non di fossi o torrenti facendone il nome come faccio a sapere se il rischio riguarda me o la mia casa? Secondo noi c’è poi il problema dei sindaci cui “viene lasciato in mano il cerino” ma che specie nei piccoli Comuni non hanno né mezzi, né strumenti. Occorre che un sindaco sia supportato da tutto il sistema nazionale, con responsabilità condivise. Come servirebbero assicurazioni contro questi rischi: il 40% delle industrie è già assicurata contro le alluvioni, mentre i cittadini sono pochissimi». «La Toscana è all’avanguardia sul rischio idraulico — conclude Castelli — ad esempio a luglio ha migliorato la valutazione del rischio ed ha messo soldi a disposizione dei Comuni per eliminare il tombamento dei corsi d’acqua. Si può sempre fare meglio e per questo tra un anno ci ritroveremo per dare proposte concrete sulle sette sfide. E speriamo che nel frattempo non ci siano più stop al settore, come avvenuto con la soppressione dal parte del nuovo governo del programma “Italia sicura”».
Bollettini poco chiari
Castelli (Scuola di Ingegneria): «Se si parla solo di “reticolo minore” come faccio a sapere se il rischio riguarda me o la mia casa?»