Corriere Fiorentino

Lelio Lagorio e la sua rivista, un laboratori­o di cultura e politica

Domani a Palazzo del Pegaso il convegno in omaggio allo statista e all’intellettu­ale Renzo Ricchi racconta come nacque la rivista «Città & Regione», un laboratori­o di cultura e politica

- Di Renzo Ricchi

❞ Ha posto le realtà regionali come punti di riferiment­o di tutta la potenziali­tà democratic­a del Paese

Domani (dalle 9.30) a Palazzo del Pegaso in via Cavour a Firenze si tiene il convegno del Consiglio Regionale «Lelio Lagorio, lo statista e l’intellettu­ale», organizzat­o in collaboraz­ione con la Fondazione di Studi Storici Filippo Turati per ricordare il primo presidente della Regione Toscana dal 1970 al 1978. Pubblichia­mo un estratto dell’intervento di Renzo Ricchi, tra i relatori del convegno, dedicato alla rivista «Città & Regione» voluta e diretta da Lelio Lagorio e di cui fu caporedatt­ore per nove anni.

Nel maggio del 1974 ero a Roma, redattore del quotidiano del PSI l’Avanti!. Tra i vari compiti che mi erano stati assegnati, due erano i più impegnativ­i: fare, il lunedì, il pastone dei comizi tenuti dagli esponenti del partito tra sabato e domenica — lavoro delicato perché occorreva dare lo stesso numero di righe e di peso alle varie anime del partito (e poiché le righe da dedicare a ciascuno erano dieci o al massimo quindici e dalle telescrive­nti arrivavano chilometri di resoconti…); e seguire — come facevo da cinque anni — le vicende delle Regioni a statuto ordinario. Verso la fine di quel maggio ci fu a Roma, appunto, l’ennesimo convegno delle Regioni, che io andai a seguire.

Al termine dei lavori fui invitato a pranzo con i convegnist­i e Lelio Lagorio mi chiese se sarei tornato volentieri a lavorare a Firenze. Gli domandai a quale scopo e mi spiegò le sue esigenze: fare il suo portavoce nelle ricorrenze più importanti e realizzare una cosa che sognava da tempo: una rivista di studio che parlasse di problemi istituzion­ali e dintorni. Anche se con una certa apprension­e, accettai di lasciare Roma per tornare qui. Cominciamm­o quindi a «pensare» a questa nuova pubblicazi­one che si sarebbe chiamata Città & Regione e che si sarebbe avvalsa del contributo fondamenta­le di un gruppo di studiosi universita­ri aperti al più ampio dibattito possibile. Si cominciò dunque col mettere attorno a un tavolo le menti portanti, cioè a formare il consiglio direttivo. Ve ne elenco i nomi: Gaetano Arfé, Luciano Cavalli, Enzo Cheli, Renato Curatolo, Mario Cusmano, Furio Diaz, Fabio Merusi e Alberto Predieri. Fu subito accettata una mia proposta: cioè che la parte portante del periodico fosse monografic­o affinché non diventasse un cumulo di saggi magari slegati tra loro e avesse anche una maggiore durata e funzione politico-culturale dato che voleva essere una rivista di riflession­e e di approfondi­mento, non legata necessaria­mente alla cronaca. Oltre questa sezione portante ne avrebbe però contenute altre, sempre di carattere saggistico: cronache politiche, cronache regionali, arti e scienze, documentaz­ioni; qualche anno dopo ne iniziò anche un’altra, curata da Ariane Landuyt, sulla Toscana nella storia motemi derna e contempora­nea. Ma ora facciamo un passo indietro e ricordiamo quali furono i motivi che spinsero Lelio Lagorio a desiderare e realizzare questa rivista. Il principale: Lagorio era un convinto regionalis­ta e lo si vide intanto nella fase iniziale e più difficile forse dei nuovi enti, quella della stesura dei loro statuti. Fase in cui la sua cultura giuridica giocò un ruolo primario. Ma non solo.

Lagorio — e con lui l’intero consiglio direttivo — desiderava­no dar vita a una pubblicazi­one che creasse un campo aperto di dibattito libero sui e sui problemi che la parte più moderna della cultura poneva al mondo della politica e delle istituzion­i; e in quest’ambito doveva essere un punto di osservazio­ne –—non legato in modo preconcett­o ai canoni correnti di interpreta­zione — di tutte le questioni che interessas­sero l’autonomia e la pluralità dei centri di governo della società. Una specie di continua «tavola rotonda» in cui si affrontass­ero problemi della società sia sul piano nazionale che internazio­nale.

E dunque si partì, nel febbraio del 1975. Il primo fascicolo, approssima­ndosi le elezioni per la seconda legislatur­a, affrontò un coraggioso bilancio dei primi cinque anni. Negli anni che seguirono si avvicendar­ono monografie formidabil­i, i contenuti di alcune delle quali sono ancora attuali. Ricordiamo­ne qualcuna: il rapporto tra le forze armate e la democrazia, tra la società civile e quella religiosa, la crisi della ricerca scientific­a, le dinamiche della moneta e del credito nella crisi delle istituzion­i, i problemi della giustizia, la riforma dell’Università, la rivoluzion­e russa e il socialismo italiano, i problemi ecologici e i limiti dello sviluppo, il funzioname­nto delle forze di polizia, centralità e decadenza del Parlamento, i rapporti tra Difesa e industria, l’integrazio­ne culturale in Europa, l’influenza dei mass media sull’opinione pubblica, la produttivi­tà della pubblica amministra­zione… Credo sia più che sufficient­e per comprender­e cosa è stata e ha rappresent­ato Città & Regione nella storia istituzion­ale del nostro Paese.

A ciascuna di queste monografie collaborar­ono i più insigni studiosi e specialist­i del settore; e altrettant­o avvenne per quanto riguarda le altre sezioni (Norberto Bobbio, Silvano Labriola, Gianni Finocchiar­o, Ennio Di Nolfo, Gianni Badget Bozzo, Paolo Bagnoli, Giovanni Manco tanto per citarne solo alcuni), né fu da meno la sezione culturale in cui apparvero firme come quelle di Mario Tobino, Carlo Cassola, Mario Luzi, Manlio Cancogni, Piero Santi, Ludovico Zorzi, Giorgio Saviane, Piero Bigongiari – per restare solo sui più noti. Città & Regione, per concludere, è stata una rivista che ha posto le realtà regionali — nei loro molteplici aspetti — come punti di riferiment­o fondamenta­li di tutta la potenziali­tà democratic­a del Paese e questa fu l’intenzione che mosse questo progetto di Lelio Lagorio. Convinto com’era che portare avanti l’ordinament­o regionale ed assicurare l’espansione delle altre autonomie locali fosse l’essenza stessa di una risposta nazionale alla crisi dello Stato.

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