Corriere Fiorentino

Ora tocca a Pjaca

A Frosinone partirà titolare, per il croato è l’occasione di svestire i panni di «Godot» e uscire così dalla crisi

- Matteo Magrini

Chissà se gli hanno mai raccontato cosa disse Agnelli parlando di Alessandro Del Piero. Veniva, il 10 della Juventus, da mesi di tormenti. Un terribile infortunio al ginocchio, l’intervento, la riabilitaz­ione. Soprattutt­o, un ritorno in campo terribilme­nte difficile. Giocava, ma non era più lui. Tanto da passare 567 giorni senza segnare (su azione) in campionato. Eppure, Ancelotti, continuò a farlo giocare. Fu in quelle settimane che arrivò la bordata di Agnelli. «Del Piero è come Godot. Tutti lo aspettano, ma non arriva mai». L’ex bianconero, poi, ripartì. E quella lunga notte non restò che un (bruttissim­o) ricordo.

Chissà, se Marco Pjaca conosce questa storia. Di certo, la sua, le somiglia parecchio. Oggi, il croato, è il Godot della Fiorentina. Inutile girarci attorno. Il croato è un problema. Due panchine di fila, il «contrattem­po» che l’ha escluso dalla gara con la Roma, la delusione crescente per il suo rendimento. Eppure, col Frosinone, ci sarà. Pioli, infatti, sembra deciso a tornare al tridente titolare. Con la speranza che da Marko arrivino finalmente segnali di vitalità. Anche perché altrimenti sarebbe dura continuare a insistere. La Fiorentina deve tornare a vincere, e non può permetters­i di aspettarlo in eterno. Se non è l’ultima occasione insomma, poco ci manca. Del resto, finora, i numeri sono un pianto. Pjaca ha giocato 10 partite (5 da titolare), per un totale di 472’ e ha segnato un solo gol, alla Spal. Non solo. Il croato, tra i giocatori di movimento che rientrano abitualmen­te nelle rotazioni di Pioli, è quello che corre di meno. Soltanto 6,7km di media a partita. Inoltre, ha tirato 10 volte, centrando lo specchio soltanto in 5 occasioni (settantadu­esimo in Serie A in questa classifica) e, in media, fornisce 0,8 passaggi chiave a gara. In campionato, da questo punto di vista, in 115 hanno fatto meglio.

Per non parlare dei dribbling riusciti: sono 0,5 di media, che gli valgono la posizione numero 108 tra i giocatori di Serie A. E pensare che è stato preso per questo. Per saltare l’uomo, e creare pericoli. Tutta teoria, per ora. E così, pian piano, si è intristito. «Deve essere più felice, giocando con allegria liberandos­i dalle pressioni», ha detto Pioli. «Sente il peso delle aspettativ­e», ha confermato Pezzella. Eppure, non è l’unico a non funzionare. La davanti la Fiorentina fatica, e non può essere soltanto colpa di Pjaca. L’allenatore lo sa, e anche in questi giorni ha lavorato per trovare la soluzione. La certezza è il modulo: 4-3-3 era, e (per ora) 4-3-3 resta. Così come sembrerebb­e da escludere l’avanzament­o di Gerson nel tridente. Semmai, a cambiare, saranno i movimenti dei tre attaccanti. L’idea di Pioli è quella di varare un reparto «dinamico», senza ruoli fissi. Potrà capitare di vedere Chiesa al centro con Simeone largo, o magari il Cholito e Fede vicini con Pjaca alle loro spalle, o ancora il croato in mezzo, e gli altri due ai suoi lati così come sarà frequente l’inversione di fascia tra il 10 e il 25.

Un modo per togliere punti di riferiment­i agli avversari, e per aiutare i tre ad essere più coinvolti. Basta poco, a volte. Un gol, una giocata. E tutto passa. Se lo augura Pioli, se lo augurano i tifosi e, soprattutt­o, se lo augura Pjaca. «Ha un talento enorme», disse di lui Del Piero. Che fu «Godot», è vero, ma poi ripartì più forte di prima.

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Sopra Marko Pjaca in azione Sotto Pioli lo incita prima di entrare in campo

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