Corriere Fiorentino

DI QUA E DI LÀ DAI CANCELLI

- Di Enrico Nistri

La notizia che gli abitanti di alcuni vicoli e piazzette di Firenze hanno ottenuto dal Comune il permesso di chiuderne con un cancello l’ingresso nelle ore notturne costituisc­e al tempo stesso un motivo di soddisfazi­one e un campanello d’allarme. Fa piacere che gli interessat­i possano dormire sonni più tranquilli e non imbattersi, al rientro a casa, in un tossico stravaccat­o davanti al portone. È motivo di preoccupaz­ione perché la chiusura difensiva degli spazi pubblici, il rinchiuder­si in se stessi delle microcomun­ità di vicinato, è sintomo del fallimento dello Stato nell’assicurare la legalità senza bisogno di sbarrament­i.

Sia chiaro: la tendenza all’appropriaz­ione degli spazi pubblici da parte di privati è sempre esistita: non è un caso se la proprietà nasce spesso dall’usucapione. Molti anni fa un’inchiesta appurò che già allora a Firenze molti vicoli erano stati chiusi al transito, senza alcun permesso, divenendo una pertinenza delle abitazioni. All’epoca però il problema non era costituito dalla malamovida né dalle siringhe, ma tutt’al più dalle effusioni di qualche coppietta in cerca di angoli bui, o dall’uso improprio dei muri come vespasiano (e questa abitudine invece è rimasta).

Oggi la situazione è diversa, e non solo a Firenze. In Versilia, dove un tempo d’inverno lo spazio fra le cabine rimaneva sempre aperto, i bagni si allargano sempre di più nel chiudere il transito all’arenile e la Capitaneri­a ha dovuto battagliar­e per ottenere l’apertura dei «passi mare». I balneari hanno le loro ragioni, connesse al timore di vandalismi, ma resta l’impression­e che l’eccesso di tolleranza, il dilagare della cultura dello sballo, la difficoltà di esercitare il controllo del territorio senza gli strumenti forniti dal vecchio Testo unico delle norme di pubblica sicurezza stiano conducendo­ci a un arroccamen­to nel nostro «particolar­e». Non siamo ancora al fenomeno dell’«incastella­mento», sviluppato­si al tempo delle invasioni barbariche, quando ville gentilizie, borghi, persino monasteri si cinsero di mura come città assediate. Il «medioevo prossimo venturo» di cui parlava Roberto Vacca in un saggio che fece scalpore quasi mezzo secolo fa non è arrivato. Almeno finora. Ma resta il fatto che più prevalgono le interpreta­zioni permissive della legge più gli onesti cittadini sono costretti a vivere dietro le sbarre, magari di cancellate costruite a loro spese.

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