In una foto c’è il Serra, nell’altra le Dolomiti Qual è la differenza?
Viaggio sui Monti Pisani, abitanti rassegnati dopo il rifiuto del governo «Qui abbiamo rischiato la pelle e ora ci dicono che non è successo nulla»
C’è la signora Giuseppina CALCI (PISA) che ha visto più di metà dei suoi ulivi andare in fumo e ora ha messo sul cancello di casa il cartello «Vendesi». C’è la famiglia Bellinvia, che ha perso tutto, la casa crollata, «ogni ricordo sparito», e che oggi pensa di non tornare più sulla sua montagna. C’è il volontario di protezione civile che dopo vent’anni giura che non indosserà più la giacca arancione: «Ho rischiato la pelle per andare a salvare la gente nelle case e ora mi dicono che non è successo niente?». La gente del Monte Serra si arrende. Dopo che il governo ha negato la dichiarazione di stato di emergenza nazionale, bloccando gran parte dei risarcimenti ai danneggiati, la rabbia esplode. E giù a Calci, tra le strade di paese e il bancone del circolo La Pieve, c’è rassegnazione: «C’era da aspettarselo. Sono successe altre tragedie, noi siamo passati in secondo piano».
Il no da Roma
«Non risulta che l’incendio abbia coinvolto in modo significativo le strutture e le infrastrutture — recita la risposta della Protezione Civile nazionale, siglata da Angelo Borrelli, alla richiesta di dichiarazione dello stato di emergenza avanzata dalla Regione — Rispetto ad analoghe situazioni di danno ambientale e forestale (...), questo di- partimento, in mancanza di sostanziale attività di assistenza alla popolazione e di interventi di somma urgenza, ha espresso il diniego alle richieste pervenute». Nel municipio di Calci, l’assessore alla protezione civile Giovanni Sandroni, che nei giorni dell’incendio fu l’uomo macchina che diresse le squadre dei soccorsi, stringe tra le mani quelle due pagine, quasi a volerle strappare: «Nessun danno alle strutture? Ma se abbiamo dodici case crollate o danneggiate! Mancanza di assistenza alla popolazione? Ma se abbiamo avuto gli sfollati! Non c’è somma urgenza? E se piove e viene giù tutto?».
I danni dell’incendio
Col no allo stato di emergenza, a non avere neppure un euro di risarcimento sarà proprio chi ha visto la propria casa crollare. Le fiamme, partite la sera del 24 settembre, hanno mandato in fumo 1.148 ettari, per gran parte di bosco, ma anche 150 ettari di uliveti e 50 di vigne, tra i Comuni di Calci, Vicopisano, con un piccolo focolaio a Cascina. Il monte è come scoperchiato, come se avessero staccato il mantello per decine di chilometri di crinale. A Calci, quattro case sono crollate, tre sono inagibili per danni strutturali, cinque hanno subito danni non strutturali ma non sono ancora abitabili. Nella frazione di Montemagno, un parcheggio è inagibile perché le palizzate che lo sostengono sono ormai carbone. E danni ingenti li ha subiti la strada del Monte Serra, dove sulle scarpate sono in costruzione le graticciate per impedire che venga giù tutto, e a bordo strada saranno fatti i guard-rail perché gli alberi che facevano da scudo non esistono più, mangiati dal fuoco. Lassù, dove la strada è chiusa al traffico e l’accesso proibito, finito l’asfalto c’è lo strapiombo. E le poche macchine autorizzate viaggiano in mezzo alla strada. Per paura di precipitare.
I finanziamenti
La Regione ha fatto arrivare sul Serra oltre un milione e mezzo di euro. 150 mila euro per i costi di protezione civile, come pasti e carburante per i giorni del grande incendio, con 1.300 volontari in azione e 100 vigili del fuoco arrivati da mezza Italia («A proposito — nota Sandroni — i vigili del fuoco non intervengono sugli
La famiglia
Abbiamo perso tutto, la casa, ogni ricordo. A Roma sappiano che così ci spingono a non tornare lassù. Ora nessuno si occuperà della montagna
incendi boschivi; quindi se era solo boschivo come dicono da Roma perché sono arrivati anche da Emilia e Lombardia?»). 800 mila euro per il bosco: bonifiche e briglie per evitare che con le piogge colate di fango e detriti vengano giù dalla montagna, trasformata dal fuoco in una superficie nera e impermeabile come l’asfalto. Il 6 novembre, è bastata una spruzzata di pioggia a partorire decine di rivoli di melma. Senza lo stato di emergenza nazionale, poi, il ripristino è vincolato alle leggi ordinarie: così quel che è bruciato resta rifiuto speciale, e i lavori, con 52 forestali da tutta la Toscana, si allungano. 3.500 euro appena sono andati al Comune di Cascina per la rimozione del materiale di un piccolo focolaio che si accese per i lapilli che, portati dal vento, superarono l’Arno. Quasi 700 mila euro, invece, sono spettati alla Provincia, per il ripristino della strada del Monte Serra. Quanto ai danni all’agricoltura, il sottosegretario Gianmarco Centinaio ha promesso che i soldi arriveranno dall’Ue.
I danneggiati
Chi ha visto i propri ulivi andare in fumo spera nei risarcimenti da Bruxelles. E in queste ore è prudente: «È il momento del silenzio», dice Nicoletta Papa, dell’omonimo agriturismo di Montemagno, che ha perso 500 piante su 1.020. «Io di 164 piante, 90 non ne ho più» spiega Giuseppina, che sorride perché oggi alcuni vivaisti di Pescia arriveranno a Calci per regalare un po’ di piante per ridare vita ai terrazzamenti che, oggi, sono vuoti e neri. Preoccupa anche la sorte degli ulivi medicei, secolari, del monastero di Nicosia: solo a primavera si saprà se le radici degli alberi inceneriti potranno generare di nuovo. Ma il peggio sono le case crollate o danneggiate: «Io sono medico, mio marito è fisioterapista, lavoriamo a Pisa. Se abbiamo scelto di vivere sul Monte Serra è per il bene dei nostri tre figli — racconta Lorenza Pratali Bellinvia — Abbiamo perso tutto, la casa, ogni ricordo. Lo stato di emergenza negato? Ce lo aspettavamo, tutto questo rinviare era sospetto. Ma a Roma sappiano che così ci spingono a non tornare lassù. E chi si occuperà della montagna, della sua cura, se chi ci vive viene cacciato?». La casa dei Bellinvia, ai Ronchi, è distrutta, guardando attraverso le finestre, da fuori, si vede il cielo. Dentro, tra le macerie si riconoscono solo le scale che portavano al primo piano. E in giardino, sopra le poltrone di metallo che fino alla scorsa estate scandivano i pomeriggi di una famiglia, ora passa il nastro bianco e rosso del «vietato entrare». I Bellinvia sono parcheggiati a Pisa, nella casa di un amico: «Abbiamo abbiamo perso più di mezzo milione. Il risarcimento non sarebbe stato più di 200 mila euro, ma sarebbe stato già molto».
Le polemiche politiche
«Se i danneggiati sono pochi, al governo bastavano pochi spiccioli... — dice Juri Taglioli, sindaco di Vicopisano — E, visto che dichiarano lo stato di emergenza in Veneto, lo sanno che dopo un’alluvione una casa resta in piedi mentre col fuoco no?». Massimiliano Ghimenti, primo cittadino di Calci, è livido: «Oltre alle case distrutte, se poi piove e il Monte Serra frana qualcuno si prenderà la responsabilità di una nuova tragedia». Poi, la sparata contro «i rappresentanti locali della maggioranza di governo: hanno fallito politicamente, non sono in grado di rappresentare il territorio».
Il messaggio è anche a Susanna Ceccardi, sindaco leghista di Cascina. Che replica: «Io ho portato sull’incendio il sottosegretario Centinaio, che ha garantito i risarcimenti all’agricoltura. Ghimenti cos’ha ottenuto? Evidentemente conta meno di me». Ceccardi contrattacca: «Mi spiace per chi ha perso la casa, ma quando altri incendi hanno distrutto le case e non è stato dichiarato lo Stato di emergenza, i sindaci del Pd non protestavano contro il loro governo. Dichiararlo, poi, per un incendio doloso sarebbe un precedente pericoloso». In Toscana, spiegano dalla Protezione Civile regionale, non è mai stata accordato dal governo uno stato di emergenza per un incendio, ma l’interpretazione della norma «è molto flessibile». A sostegno del governatore Enrico Rossi, che aveva attaccato il governo, arriva il soccorso di Forza Italia, che con la deputata Deborah Bergamini e il consigliere regionale Marco Stella «chiede al governo di ripensarci».
Ceccardi sotto attacco
Ghimenti (Calci): chi rappresenta qui il governo ha fallito La replica: io ho portato Centinaio sul monte, e lui? Conta meno di me