SENZA PIÙ PRESCRIZIONE SI CREANO IMPUTATI A VITA
Gentile direttore, l’iniziativa parlamentare del M5S ha riportato alla ribalta il tema della prescrizione penale, subito trasformato in «cibo per social»: le Camere Penali Italiane hanno annunciato una dura azione di protesta, l’astensione dalle udienze per 4 giorni. Proviamo a fare chiarezza. La prescrizione cancella la punibilità di un reato non definitivamente giudicato, dopo un tempo direttamente proporzionale alla sua gravità.
Più breve per le bagatelle, più lungo per i reati più gravi, niente prescrizione per quelli puniti con l’ergastolo (omicidio, strage). La legge tiene conto di molti fattori: per alcuni reati il termine è raddoppiato (omicidio stradale, violenza sessuale) e col rinvio a giudizio si allunga automaticamente di un tot (anche fino al doppio); per i reati di terrorismo e criminalità organizzata la prescrizione è una chimera, perché ad ogni passaggio processuale «si azzera il cronometro» e si riparte da capo, senza limiti (che la prescrizione mandi impuniti mafiosi e terroristi, quindi, è una balla spaziale); infine, il termine si allunga ulteriormente se l’imputato viene condannato.
Qualche esempio: il furto di uno scooter parcheggiato per strada si prescrive in 12 anni e mezzo; la corruzione in 15 anni; il disastro ferroviario e la violenza sessuale in 25 anni; 37 e mezzo il disastro ambientale. In caso di doppia condanna vanno aggiunti 3 anni: per il furto dello scooter fanno 15 e mezzo. Non si tratta dunque di tempi fulminei.
Il passare del tempo può estinguere un reato perché il processo penale serve non solo ad accertare un fatto, ma a punirne l’autore: e con il passare del tempo l’interesse collettivo alla punizione (ed alla rieducazione) si affievolisce. Qual è interesse, oggi, a punire qualcuno per un furto di motorino di vent’anni fa? Inoltre il tempo trasforma la persona che si dovrebbe punire: dopo 15 anni il ladruncolo di motorini magari è diventato un coscienzioso padre di famiglia.
La prescrizione ha poi una seconda anima: assicura all’imputato che il processo avrà una durata ragionevole e che non resterà imputato a vita. Poter progettare la propria vita, anche mettendo in conto una pena da espiare, è diritto fondamentale anche di chi ha commesso un reato: se la potestà punitiva fosse esercitabile «in eterno», si esproprierebbe l’imputato del diritto di compiere elementari scelte di vita (metter su famiglia, iniziare una professione), costringendolo in una permanente incertezza.
Senza la prescrizione il sistema processuale non avrebbe alcun incentivo a procedere sollecitamente ed il cittadino resterebbe ostaggio della disorganizzazione del sistema.
La proposta di legge che tanto fa discutere, tuttavia, va proprio in questa direzione: con la prima sentenza la prescrizione scompare e l’imputato — colpevole o innocente che sia — diventa un potenziale «imputato a vita». È una prospettiva irragionevole ed illiberale. Il primo effetto sarà la bancarotta della macchina giudiziaria: sui tavoli dei giudici si accumuleranno i processi che il sistema non smaltisce, aggravando il dissesto della giustizia. Scomparirà poi ogni incentivo a definire i processi in appello e Cassazione in tempi decorosi, con la devastazione delle vite degli imputati che hanno diritto ad un secondo giudizio ma anche a vedere scritta la parola «fine» in tempo utile a poter programmare la propria esistenza. E sarà definitivamente negata ogni giustizia anche alle persone offese, condannandole ad una attesa indefinita.
I promotori di tanta riforma chiamano in causa gli avvocati, veri responsabili dell’allungamento dei processi con le loro richieste di rinvio e le altre fumisterie da ‘azzeccagarbugli’. È un’indecente falsità: quando si chiede un rinvio, la prescrizione si sospende ed il tempo del rinvio ‘non si conta’. La verità è che la prescrizione è frutto solo delle disfunzioni dell’ordinamento, della ipertrofia del sistema penale e dell’insufficienza delle risorse. Le statistiche ministeriali attestano che il 60% delle prescrizioni matura durante le indagini, e che negli ultimi anni le prescrizioni stanno diminuendo. Una classe politica seria e competente dovrebbe saper affrontare temi di questa delicatezza in uno spazio concettuale un po’ più ampio di quello di un tweet.