Corriere Fiorentino

La tristezza di Pasqual, nel vento della provincia

- David Guetta

Quanto è triste Frosinone, soltanto due anni dopo… Forse non è il caso di scomodare il grande Aznavour e certi paragoni tra città sono imbarazzan­ti, eppure qualcosa di vero c’è. Bastava infatti guardare negli occhi Manuel Pasqual in quel freddo pomeriggio del 2016 per rendersene conto. Era stato messo ancora una volta in panchina da Sousa (c’era Alonso, ormai decollato) e lui si stava convincend­o che non avrebbe mai realizzato il sogno della vita calcistica: chiudere la carriera a Firenze. Avrebbe accettato tutto, anche di giocare ancora meno, ma non di essere trattato da sopravviss­uto, quasi fosse un tributo da pagare alla sua assoluta fedeltà viola. Mai un cedimento, nemmeno di fronte alle lusinghe di Juve e soprattutt­o Milan. Non esiste in città, ma nemmeno in provincia, qualche ente benefico, qualche associazio­ne culturale senza scopo di lucro che abbia ricevuto un no da Pasqual. Sempre disponibil­e, sempre aperto al dialogo con chiunque andasse a chiedergli un autografo o un selfie più o meno molesto. Nel 2010 insieme a Gianfranco Monti si improvvisò battitore d’asta delle più prestigios­e maglie di campioni e fu un grande successo. Alzando la posta con aneddoti e ricordi riuscì addirittur­a ad incassare 400 euro per la maglia di Totti, sborsati da un infiltrato tifoso romanista. In quel piccolo stadio di provincia quel giorno Manuel il capitano probabilme­nte si accorse di aver fatto il proprio tempo, anche se il fisico e la testa gli urlavano che non era vero, che dentro aveva ancora benzina per qualche altra discesa sulla fascia sinistra. E infatti tra poco più di un mese sarà al Franchi a dimostrare a oltre 37 anni che proprio finito non era. E che di certo non era peggio di Maxi Olivera, che chissà perché era conosciuto davvero da pochi...

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Manuel Pasqual

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