«Diamo vita agli anni»
La giornalista e scrittrice Eliana Liotta domani alla Pergola parlerà di dignità e salute «La sfida è spostare più in là l’invecchiamento biologico e fondamentale è l’educazione alimentare»
Non si trova in Etiopia come riteneva Erodoto. E nemmeno nei Caraibi, dove sperava di trovarla l’esploratore Juan Ponce de León. No, la fonte dell’eterna giovinezza si trova, anzi si cerca, nella scienza. Come spiega il saggio-racconto divulgativo L’età non è uguale per tutti che la giornalista scientifica e scrittrice Eliana Liotta ha pubblicato per La Nave di Teseo. Un best seller su come rimanere giovani più a lungo possibile, per tre mesi in classifica, pensato in collaborazione con i medici e i ricercatori dell’ospedale universitario Humanitas di Milano. Come il precedente La Dieta Smartfood (Rizzoli) aveva avuto l’imprimatur dell’Istituto europeo di oncologia. La firma di Io
donna del Corriere della Sera, ex direttore della collana OK
Salute e vicedirettore di Oggi Eliana Liotta lavora così anche parlando di cose semplici come olio, frutta, buona digesione; per poi passare a temi più complessi come il rapporto tra stress e i tumori, radicali liberi, armonia tra yin e yang: «Traduco questi concetti in un linguaggio comprensibile da tutti ma sempre con il «bollino scientifico» di un’istituzione importante — dice — In questo caso l’ospedale Humanitas. Per avere un risultato il più esatto possibile». È lei la protagonista dell’appuntamento di domattina, alle 10.30 alla Pergola, per la terza edizione della rassegna Sulla scia dei giorni. Dialoghi sulla dignità con Giovanna Masala, medico e ricercatrice dell’Istituto per lo Studio la Prevenzione e la Rete Oncologica.
Domani parlerete di dignità e salute. E la salute nel campo dell’alimentazione, è il tema del suo libro.
«Perché la sfida che ci attende è quella della possibilità di spostare sempre più in là l’invecchiamento biologico: non è una frivolezza. Avendo aspettative di vita sempre più alte, visto che nel 2050 gli ottantenni saranno più dei ragazzini, si pone il problema di come ci arriviamo a 80 anni: dobbiamo giocare d’anticipo, lavorando sugli stili di vita, aiutando il nostro sistema immunitario a fare il suo lavoro, perché è proprio l’eccesso di stati infiammatori cronici la causa prima per cui invecchiamo male».
Scienza e tecnologia ci allungano la vita ma ora si corre il rischio di creare in futuro un esercito di malati?
«Finora in Occidente abbiamo aggiunto anni alla vita, ora è il momento di aggiungere “vita” agli anni, operando dei “tagliandi”».
L’attualità ci dice che sui temi scientifici, traslati nella quotidianità, tutti vogliono dire la loro e spesso si creano conflitti. Il caso del professor Burioni sui vaccini fa scuola.
«Di scienziati che come Roberto Burioni subiscono attacchi di quel tipo in giro per il mondo ce ne sono tantissimi. Ma a me non capita: non sono un medico, ho deciso solo di raccontarla, la scienza. Per fortuna non spetta a me prescrivere diete, vaccini o cure. Sono una figura terza».
Di solito questo non basta a mettersi al riparo dagli haters anti-scienza...
«Non ho haters né sui social né di persona, sarà forse perché adotto un linguaggio conciliante e pacifico, ma nessuno mi offende né mi aggredisce. È il linguaggio della scienza che, essendo “logica”, è l’opposto della violenza e dell’emotività».
Eppure i media e i social sono pieni di personaggi che furoreggiano in questo campo. Come Alberico Lemme per esempio.
«Ma lui non è un medico, è un farmacista, uno showman che dice cose antiscientifiche. Come quelli della “dieta del gruppo sanguigno”. Tutte teorie prive di studi che ne sostengano la validità. Uno studio scientifico è valido e serio se pubblicato su riviste serie di scienza».
Quali sono le domande più frequenti che le rivolgono?
«Ci sono quelli che pensano che il latte sia un “veleno bianco” e che sia innaturale berlo da adulti in quanto nessuna altra specie a parte noi lo fa. Poi i fissati con la carne rossa che farebbe male per forza. E ancora se le verdure non biologiche siano tossiche o meno. Ma non esiste uno studio al mondo o un istituto scientifico che dica di vietare il latte o la carne rossa. Al massimo danno raccomandazioni, a non esagerare».
Che funzione deve avere un volume come questo? Di guida, di avvertimento?
«È semplicemente un racconto, con stile narrativo, su ciò che si sa finora riguardo a questi temi. Nulla di allarmistico, tutto il contrario: uso toni morbidi con grande comprensione per la vita degli altri. Con un occhio benevolo per chi sgarra. Non è un libro per ipocondriaci. Non è terroristico, non fa paura, non dà regole, non obbliga nessuno a comportarsi in un determinato modo. Altrimenti non avrebbe venduto tanto».
Dove pensa che ci sia maggiormente bisogno di buona divulgazione?
«La divulgazione scientifica è cosa santa, sempre, in tutti i campi. Il punto chiave sta nel modo di pensare e nella serietà del ragionamento. Nel fatto di studiare, prima di parlare. È particolarmente importante per esempio frenare la dilagante obesità tra i bambini: quindi l’educazione alimentare tra i genitori».
E chi sono i «nemici» della buona informazione scientifico-alimentare?
«Quelli che parlano senza fondamento scientifico. Nel campo dell’alimentazione si possono fare danni enormi e far ammalare le persone. Personalmente mi fido solo di persone che parlano avendo dietro un’istituzione come un’università o un ospedale. Altrimenti tutti potrebbero dire tutto».
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Falsi miti
Ci sono quelli che pensano che il latte sia un veleno bianco e che la carne rossa sia il male assoluto