E al Verdi il «Mosé» nato dall’arte del riciclo
L’omaggio a Rossini, tutto con materiali di scarto
Gran debutto È la prima volta che l’opera approda sul palco pisano e si impone per originalità
Strutture, arredi, oggettistica, ogni elemento che possa dar vita alla scenografia di uno spettacolo teatrale, e pure i costumi: tutto realizzato con materiali di scarto industriale. La spazzatura che prende la forma di oggetti d’arte; un invito alla responsabilità nel rispettare l’ambiente veicolato attraverso l’opera in musica. È la coraggiosa, particolare (e, chissà, anche economica) iniziativa che il Teatro Verdi di Pisa ha portato avanti per realizzare la messinscena del Mosè in Egitto di Rossini (stasera e domenica), nuovo allestimento con la regia di Lorenzo Maria Mucci. Le scene e i costumi sono stati creati da José Yaque con Valentina Bressan (i materiali li ha forniti Officina Scart di Waste Recycling); e a modellare la scena ci sono anche le proiezioni videomapping di Imaginarium Creative Studio, con il disegno luci di Michele Della Mea. Yaque è un giovane artista cubano, sempre più emergente (ha preso parte anche alla Biennale di Venezia), e che già più volte ha frugato fra gli scarti del nostro mondo trovando lì la materia prima per installazioni e pitture dove il tema fondamentale è il difficile, incompreso rapporto fra l’uomo e la natura. In questo Mosè (coproduzione con il Teatro Coccia di Novara e la Fondazione Haydn di Bolzano e Trento, in collaborazione con l’Opéra Théâtre de Metz Métropole), ascolteremo le voci di Alessandro Abis (Faraone), Silvia Dalla Benetta (Amaltea), Ruzil Gatin (Osiride), Natalia Gavrilan (Elcia), Marco Mustaro (Mambre), Federico Sacchi (Mosè), Matteo Roma (Aronne), Ilaria Ribezzi (Amenofi); l’Ort e il Coro Ars Lyrica sono diretti da Francesco Pasqualetti. Ed è la prima volta che l’opera approda sul palco di Pisa: scelta che meritoriamente s’impone per originalità in questo 2018 dei 150 anni dalla morte di Rossini, ricorrenza fin troppo celebrata dai soliti titoli. Il Mosè (libretto ispirato dal libro dell’Esodo) è un gioiello del Rossini serio, scolpito da una drammaticità che sposa il belcanto ad una potente dimensione corale; debuttò al San Carlo di Napoli nel 1818, e ora il Verdi lo propone (altra accortezza da segnalare) a 200 anni da quella prima. E che la coralità sia elemento portante lo spiega anche Mucci: essa «si fa argomento politico nella contrapposizione tra due popoli, l’uno oppressore, l’altro schiavo e che aspira alla libertà; l’uno che spinge all’azione il Faraone, l’altro che attende con ferma fiducia un segnale da Mosè».