Ucciso sul divano a Montopoli, fermato l’amico
Montopoli, l’uomo aveva una pistola in casa. L’accusa è di omicidio volontario
Ore di interrogatorio, poi il fermo: Danny Scotto, 27 anni è accusato dell’omicidio di Giuseppe Marchesano. L’ex amico con cui aveva rotto i rapporti da poco.
Ha detto che non era lui a bordo del suo pick up, quello che una telecamera di sicurezza ha inquadrato alle 19,11 di venerdì scorso a 4 chilometri di distanza dalla casa di Giuseppe Marchesano, l’operaio ucciso 50 minuti dopo che i suoi amici hanno trovato sabato scorso alle 18 dopo averlo cercato per ore: era seduto sul divano della sua casa a Castel di Bosco, in provincia di Pisa. Crivellato da almeno cinque colpi di arma da fuoco, tra cui uno in testa.
Alla fine di un interrogatorio durato ore —condotto dal procuratore Alessandro Crini — i carabinieri hanno fermato con l’accusa di omicidio volontario Danny Scotto, 27 anni, residente a Chiesina Uzzanese. Nella sua casa gli investigatori hanno trovato e sequestrato un fucile e un revolver di grosso calibro. Neppure un mese fa, hanno ricostruito gli inquirenti, Scotto aveva ottenuto un regolare permesso di armi per uso sportivo, dopo la solita trafila burocratica. In casa sua non è stata trovata alcuna pallottola. Come mai? Scotto avrebbe spiegato di averle utilizzate tutte proprio venerdì scorso, al poligono in provincia di Pisa, dove è andato in mattinata: nel giorno dell’omicidio risulta che il ragazzo, senza alcun precedente di polizia, sia andato a sparare dalla ricevuta del poligono, poi finita agli atti. C’è stato quella mattina, poi avrebbe spiegato di essere tornato a casa, a Chiesina Uzzanese. La telecamera però ha inquadrato la sua macchina in un orario compatibile con l’omicidio.
Ora i carabinieri dovranno confrontare, grazie agli esami sull’arma, se la pistola che gli è stata sequestrata è quella usata per uccidere Marchesano, un ragazzo che aveva come passione le moto, i quad e la PlayStation. Oggi è prevista la sua autopsia: le ogive saranno determinanti per il confronto con il revolver trovato a casa di Scotto. È stata disposta la prova dello stub, che serve a stabilire se vi siano tracce di polvere da sparo sul fermato, che però ha detto di essere stato al poligono e di aver sparato.
Restano da chiarire altri punti. Nei prossimi giorni arriveranno i risultati dei tabulati telefonici e quelli sul cellulare del ragazzo trovato morto, che potrebbero appunto svelare altri eventuali dettagli. È stata la famiglia della vittima, per prima, a indicare Scotto come uno dei possibili nomi su quale concentrare le loro indagine. La famiglia avrebbe spiegato di un rapporto di amicizia finito senza alcun motivo: dal nome di Scotto si è arrivati all’arma e poi alla sua macchina, ripresa dalla telecamera. Agli inquirenti risulta che Marchesano,
Il procuratore «Secondo quanto ci ha detto negli ultimi tempi si erano persi di vista»
nell’ultimo periodo, si fosse allontanato da Scotto.
L’indagato avrebbe spiegato che la sua decisione era legata semplicemente al fatto che aveva molto da fare, doveva lavorare e che nel corso dell’ultimo anno si sarebbero visti due volte. Due visite a sorpresa, una delle quali fatte per il giorno del compleanno di Marchesano. È probabilmente nelle pieghe di questo rapporto («amicizia diradata negli ultimi tempi», come spiega Crini dopo l’interrogatorio di Scotto) che — a detta degli inquirenti — va ricercato l’eventuale movente dell’omicidio.
Venerdì notte una vicina di casa di Marchesano ha riferito di aver sentito il rumore che provocano alcuni mortaretti. Spari, col senno di poi. La donna ha detto che verso l’ora di cena ha sentito prima due colpi e poi, dopo tre minuti, altri spari. Marchesano avrebbe comunque aperto al suo assassino, che lo ha freddato senza alcuna pietà dentro casa sua dove i carabinieri della sezione investigazioni scientifiche hanno trovato un bel po’ di reperti e hanno isolato anche alcune impronte. Dovranno ovviamente essere confrontate con è dichiarazioni di Scotto, che ha detto di averlo visto solo due volte. Se per caso dagli esami dei reperti emergesse il suo Dna, la sua posizione si aggraverebbe di non poco.
Una storia ancora tutta da scrivere, insomma. E che deve passare il vaglio del giudice, chiamato a stabilire le accuse formulate dall’accusa nel momento in cui deciderà di convalidare o meno il fermo.