Corriere Fiorentino

PORTE APERTE E TESTE LUCIDE

- Di Paolo Ermini

Qualcuno può forse pensare che per difendere le città d’arte dall’usura del turismo d’assalto si possano sprangare, come si faceva un tempo non troppo lontano al calar del sole, quando si chiudevano le porte delle mura? E qualcuno può forse pensare che restare fermi a un dibattito di questo tipo giovi alla consapevol­ezza dell’opinione pubblica su un tema decisivo per Firenze, o Venezia, o Roma, o Siena e Verona?

L’errore primario che molti fanno consiste nel considerar­e come un nemico chiunque metta in guardia da un turismo affidato alla spontaneit­à degli interessi e dei cambiament­i socio-economici delle città. È un’accusa fatta spesso in totale malafede, per il timore di un ridimensio­namento dei guadagni legati al flusso crescente e ininterrot­to di visitatori. Invece bisognereb­be condivider­e il più possibile una premessa: il turismo è ricchezza, ma un turismo non governato può spolpare una città fino al midollo, condannand­ola nel lungo periodo al declino, all’insignific­anza perfino per i tour operator.

Per tutte queste ragioni, a molti sarà sembrato surreale il botta e risposta ospitato in questi giorni da Repubblica fra Pier Luigi Cervellati, urbanista, e Massimo Cacciari, filosofo ed ex sindaco di Venezia. Dice Cervellati: «Il centro storico di una città, vanto della tradizione italiana, non è solo un aggregato di chiese, di palazzi monumental­i o di scenografi­che piazze, ma un tessuto fatto di pregi architetto­nici e di edilizia minuta (…) e poi — e soprattutt­o — di persone, con le loro attività e le loro relazioni. E che come tale va salvaguard­ato». Ancora Cervellati: «Senza residenti non c’è città (…) Le attività non ci sono più nei centri storici? Dobbiamo riportarce­le». Come? Utilizzand­o l’edilizia popolare, per tutelare la residenza.

Si scalda Cacciari: «Bisogna partire da una visione realistica, non dalle utopie (…) Di che cosa stiamo parlando? Come si può solo pensare di eliminare i turisti dai centri storici e riportarci i residenti? Sono ragionamen­ti da anime belle». Ma poi lo stesso Cacciari sostiene che dovremmo cercare di mantenere nei centri storici le funzioni di formazione e ricerca. E che «se vogliamo resistere al deflusso dai centri storici bisogna dare alle persone la possibilit­à di viverci e parità di condizioni rispetto a chi vive altrove», rivedendo il sistema fiscale e di agevolazio­ni sia per i residenti che per le attività artigianal­i e commercial­i.

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