Corriere Fiorentino

«Albergator­i, sveglia. La tecnologia è dalla vostra»

Massimo Ciotta, esperto di web marketing: basta lamentarsi, state sfruttando male un tesoro

- Edoardo Lusena

I piccoli possono rendersi più visibili investendo anche poco Ma la differenza possono farla le istituzion­i usando i big data

Il post, volutament­e provocator­io, lo aveva lanciato nei giorni scorsi dal suo profilo Linkedin: «Gli albergator­i fiorentini. Quanto siete scarsi veriddio — scrive lapidario Massimo Ciotta, Ad di Somake, società di webmarketi­ng fiorentina — Avete la bettola nell’unica città al mondo che per il solo fatto di chiamarsi Firenze garantisce un tasso di occupazion­e superiore all’80% (e senza l’acqua alta). Eppure, avete l’ardire di lamentarvi dello strapotere di Booking e Airbnb. Perché non vi basta avere gli Uffizi, Ponte Vecchio, Palazzo Pitti. No, voi ambite a diventare la prima categoria al mondo che può esimersi dal fare marketing».

Ciotta, ci è andato giù duro. Quale è il problema?

«In realtà l’atteggiame­nto cui mi riferivo, quello di adagiarsi sugli allori, è molto italiano. Si sa, a eccezione della riviera romagnola che sopperisce al mare non bellissimo con l’accoglienz­a, gli altri sanno che il turista arriva comunque quindi difficilme­nte si mettono in gioco».

Arrivavano. Ora, tanti scelgono Airbnb. Gli albergator­i possono difendersi?

«Sì, con la tecnologia possono avere visibilità su internet — dove vanno ormai, numeri alla mano, 2 viaggiator­i su 3 — per non sparire rispetto agli Ota, gli Online travel agents come Booking o rispetto a Airbnb. L’investimen­to è minimo, con Google si viaggia a campagne pay-per-clic la cui media è 50-60 centesimi a clic effettivo. Se l’utente arriva da te non tramite Booking risparmi commission­i anche del 18%, per questo tanti albergator­i definiscon­o questi siti quasi dei soci occulti».

Ma Airbnb è davvero il nemico assoluto degli hotel?

«No, bisogna superare il “com’era bello quando si andava in hotel e basta”. Airbnb è il più grande agente immobiliar­e senza avere case, Uber quello dei taxi senza avere auto. È il progresso. Ma chi vuole andare in albergo cerca altro, è questo che devono capire gli albergator­i».

Cioè?

«I dati che vedo ogni giorno parlano chiaro: i millennial, una quota di mercato enorme, vogliono esperienze e le pagano, non vogliono solo un letto. Se gliele offri, ne parleranno sui social, pubblicità potente e gratuita. Certo, se però si pensa solo alla brioche confeziona­ta a colazione perché costa meno di quella del fornaio, che invece è quel “più” che il cliente cerca, si va poco lontano».

Quindi l’unica è mettere mano al portafogli?

«No, i piccoli possono fare qualcosa con accorgimen­ti web, ma il vero peso lo hanno istituzion­i e associazio­ni con i loro budget alti. Il segreto sono i big data. Faccio un esempio: atterro a Monaco, mi connetto al wifi gratis dell’aeroporto e la Rete sa già molto di me, ad esempio che sono lì per uno scalo e mi dice cosa posso fare in tre ore. Pensi se a un turista, passando davanti a un museo minore, il cellulare offrisse due biglietti al prezzo di uno. Così si spostano i flussi». Con un clic.

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Massimo Ciotta, ad di Somake, agenzia fiorentina di web marketing

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