Il Campanile e le sue stanze segrete (c’era anche il caveau del Duomo)
La scoperta dei ricercatori di Firenze e Torino al lavoro per 2 anni sull’opera di Giotto
«Avremo la prima carta d’identità del Campanile di Giotto». Con l’entusiasmo di un bambino Samuele Caciagli, architetto all’Opera del Duomo di Firenze, ci prende per mano e ci porta dietro le quinte di un gigante di quasi 90 metri che è il simbolo dell’architettura gotica toscana e ci racconta di stanze «segrete» di cui fino a oggi non si conosceva l’esistenza o la funzione.
Scopriamo, grazie a lui e a un’équipe di studiosi dell’Università di Firenze e del Politecnico di Torino chiamati a riscrivere la storia del monumento e a diagnosticare il suo stato di salute che, laddove oggi c’è l’ingresso al Campanile, un tempo doveva esserci una stanza segreta, probabilmente una stanza del tesoro la cui realizzazione si deve ad Andrea Pisano, ed è dunque posteriore al 1337, anno di morte dell’artista che dà il nome al monumento ma che ne seguì la realizzazione solo per i primi 4 anni. Non solo: a ogni piano — nel campanile ce ne sono tre — delle piccole feritoie, visibili anche all’esterno, sono riferibili a delle sale usate molto probabilmente come bagni. E qui va fatta una digressione. Tra il 300 e il 400 la cattedrale, che nasceva sulla vecchia chiesa di Santa Reparata, era un cantiere a cielo aperto. Il consiglio dell’Opera teneva le sue assemblee nel Campanile ed è qui che aveva dotato le stanze di bagni (cosa di straordinaria modernità considerato che siamo nel Medioevo) e di una sala, quel vano segreto, che probabilmente sarà servito a custodire i tesori di Santa Reparata e della Cattedrale, ancora un work in progress in quegli anni e dunque più soggetta a incursioni esterne. Quello che ha fatto pensare all’esistenza dei bagni e della stanza del tesoro sono dei particolari che è lo stesso Caciagli a illustrarci: «L’analisi della struttura — ci spiega — ci ha fatto rilevare l’esistenza tra il secondo e terzo livello del Campanile di una specie di cucitura nella parete interna della scala che corrispondeva a dei fori presenti anche all’esterno. L’analisi col georadar condotta dall’Università ci ha detto di più e cioè che oltre questo foro c’è uno spazio vuoto». Uno spazio analogo esiste a ogni piano e ciascuno di loro è collegato a quello soprastante o sottostante attraverso una condotta.
Se questo spiega l’ipotesi dei bagni, è stato il rinvenimento al piano terreno (un