L’INCUBO CENT’ANNI FA: ABBIAMO IMPARATO?
SPAGNOLA
La spagnola mieté molte vittime a Firenze, ma fece i guasti maggiori nelle località di provincia, per la minore efficienza dei servizi sanitari. A Pistoia l’ospedale del Ceppo collassò per l’alto numero di ricoverati e la Misericordia si trovò a corto di cavalli per trasportare le salme al camposanto. In tutta la provincia di Firenze dall’ottobre al dicembre del 1918 il prefetto chiuse cinema e locali di ritrovo, il provveditore agli studi le scuole, il vescovo disinfettò le acquasantiere. In Garfagnana furono persino chiusi i cimiteri e vietati i cortei funebri. Sulle cause della Spagnola si sa poco, ma è certo che le privazioni della guerra, l’alta concentrazione di uomini nelle trincee, la mobilitazione di personale sanitario civile al fronte fecero la loro parte, cui in Toscana si aggiunse l’arrivo dopo Caporetto dei profughi veneti. Quel che è certo, l’epidemia dovette il suo nome al fatto che la neutrale Spagna, a differenza dei belligeranti, non aveva interesse a occultare il fenomeno, ma i primi casi scoppiarono in America e furono i militari statunitensi a portare il contagio in Europa. Oggi prevale la tesi che l’origine della pandemia sia aviaria, ma il grande polemologo Gaston Bouthoul già negli anni ’70, quando il complottismo non era di moda, non escludeva che potesse trattarsi di un caso di guerra batteriologica finito fuori controllo. Le morti avvenivano per polmonite batterica, mal contrastabile senza sulfamidici né antibiotici. A parte l’aspirina, di cui si faceva uso e abuso, rimaneva il «metodo dei due berretti» teorizzato da un farmacista francese: appendere un berretto alla porta e bere vino rosso finché non se ne vedono due. C’è chi è guarito così, come c’è chi è morto per aver ingerito troppo acido acetilsalicilico.
A un secolo di distanza però il ricordo di questa immane tragedia ci può lasciare almeno un insegnamento: non abbassare la guardia nei controlli sanitari e non disprezzare le conquiste della medicina ufficiale, anche in tema di vaccini. I fondamentalismi antiscientifici hanno campo aperto anche perché sta venendo meno la memoria storica: in un mondo appiattito sul presente sono in molti a non immaginarsi cos’era la vita quando si moriva di morbillo, di difterite, di setticemia o anche per una bronchite trascurata. Il metodo dei due berretti può essere piacevole, ma non sempre funziona, purtroppo.