«Noi governiamo i baccalà di Massa»: 7 arresti per mafia
MASSA CARRARA «Noi Massa la governiamo, non la comandiamo, la governiamo... siamo le uniche persone al mondo che riescono a fare un prestito, senza farlo, e poi farcelo restituire, ah, ah, ah. Siamo devastanti». E
ancora: «Noi ‘sto posto di merda lo governiamo... sì, perché esistono ancora i posti dove ci sono i baccalà… vogliono fare i pescecani ma baccalà rimangono (...) Si, compreso i “guappi a trucco” (le forze
dell’ordine, ndr), quelli sono i primi». Sono queste alcune delle intercettazioni agli atti dell’inchiesta della Procura di Genova che ieri mattina ha portato i carabinieri ad arrestare sette persone e a perquisirne diciannove tra Massa e la Lunigiana. Tra di loro ci sono due vecchie conoscenze delle forze dell’ordine: il pentito Massimo Di Stefano, legato negli anni Ottanta alle cosche lametine dei De Sensi a cui hanno tolto la protezione, e Carmine Romano. Agli arresti domiciliari sono finiti Nicola Mari (35 anni, di Massa) e Alessandro Puccetti (53 anni, di Massa), ex dipendente della Provincia di Massa, il cui nome era finito anche nell’inchiesta sugli assenteisti. Al centro dell’inchiesta una società fittizia, la My Way di intermediazione al credito. La vicenda ruota attorno. Le accuse vanno dall’estorsione aggravata dal metodo mafioso alla truffa, fino alla spendita di monete false. Le indagini sono partite nel 2017 dopo la denuncia di un imprenditore che aveva subito minacce e ricatti dopo che aveva acquistato all’asta l’immobile di un’amica del gruppo. Dalle indagini è emerso anche che il gruppo aveva messo in piedi una serie di truffe coinvolgendo il direttore di una filiale del Mps di Massa. Il funzionario faceva avere piccoli prestiti alle persone presentate dal gruppo che usavano falsi documenti di identità per poi non restituire nulla alla banca. Da complice il direttore si è trasformato però in vittima: gli arrestati gli hanno fatto credere che quelle persone lo avrebbero denunciato per truffa e che per metterli a tacere doveva pagarli. Il direttore ha così versato in un anno quasi 100 mila euro. Un altro episodio riguarda un imprenditore costretto a versare quasi 7000 euro per un prestito ottenuto. Per convincerlo a dare i soldi, il gruppo attua il cosiddetto «cavallo di ritorno»: si impossessano dello scooter fino alla consegna del denaro. Romano e Di Stefano, scrive il gip, volevano «avviare nuove pratiche di finanziamento ad aziende che operano nel settore nautico viareggino, sia per offrire a costoro un servizio di protezione dietro corresponsione di una percentuale sui profitti delle attività dei medesimi». (S.I.)
Le misure
Ai domiciliari anche un ex dipendente assenteista della Provincia