La comicità fiorentina, dal Medioevo ai giorni nostri
Il libro
«Una risata vi seppellirà» recita un motto anarchico dell’Ottocento (pare pronunciato per la prima volta da Michail Bakunin). Ma già dal XII secolo i fiorentini erano maestri nell’arte di «beffare, ciurmare, coglionare, corbellare e cuculiare, uccellare e prendere per i fondelli chiunque». Uno stile di vita dissacrante, che nasce con i giullari di corte, passa da Machiavelli e arriva fino ai comici (campioni di botteghino al cinema e di ascolti in tv) dei giorni nostri.
Nove secoli di burle che Matteo Cecchi, scrittore e studioso di storia locale, mette insieme in un libro uscito di recente per la Edifir: Ridere Storia della comicità fiorentina da prima di Boccaccio a dopo Pieraccioni. «Ridere e irridere — spiega l’autore — sono da sempre caratteristiche essenziali della mentalità fiorentina. Non si può essere fiorentini né capire i fiorentini senza avere ironia, arguzia, irriverenza. A Firenze ridere e irridere sono un dovere, un istinto collettivo, una forma d’interpretazione, un contegno “di bandiera”. La comicità è la chiave per comprendere la fiorentinità». Ma anche un mezzo per approfondire la storia della città. «I suoi interpreti — continua Cecchi — sono stati protagonisti della vita politica e artistica, religiosa ed economica della città. Il Brunelleschi e il Poliziano, Leonardo e Michelangelo, Lorenzo de’ Medici e suo figlio Giovanni. La comicità è un strumento per conoscere e ricordare curiosità ed episodi poco conosciuti: i vituperia del poeta Rustico Filippi “il Barbuto” e la tenzone d’improperia fra Dante e “Bicci”, gli scherzi del pittore Buffalmacco