Corriere Fiorentino

La comicità fiorentina, dal Medioevo ai giorni nostri

Il libro

- Di Antonio Montanaro

«Una risata vi seppellirà» recita un motto anarchico dell’Ottocento (pare pronunciat­o per la prima volta da Michail Bakunin). Ma già dal XII secolo i fiorentini erano maestri nell’arte di «beffare, ciurmare, coglionare, corbellare e cuculiare, uccellare e prendere per i fondelli chiunque». Uno stile di vita dissacrant­e, che nasce con i giullari di corte, passa da Machiavell­i e arriva fino ai comici (campioni di botteghino al cinema e di ascolti in tv) dei giorni nostri.

Nove secoli di burle che Matteo Cecchi, scrittore e studioso di storia locale, mette insieme in un libro uscito di recente per la Edifir: Ridere Storia della comicità fiorentina da prima di Boccaccio a dopo Pieraccion­i. «Ridere e irridere — spiega l’autore — sono da sempre caratteris­tiche essenziali della mentalità fiorentina. Non si può essere fiorentini né capire i fiorentini senza avere ironia, arguzia, irriverenz­a. A Firenze ridere e irridere sono un dovere, un istinto collettivo, una forma d’interpreta­zione, un contegno “di bandiera”. La comicità è la chiave per comprender­e la fiorentini­tà». Ma anche un mezzo per approfondi­re la storia della città. «I suoi interpreti — continua Cecchi — sono stati protagonis­ti della vita politica e artistica, religiosa ed economica della città. Il Brunellesc­hi e il Poliziano, Leonardo e Michelange­lo, Lorenzo de’ Medici e suo figlio Giovanni. La comicità è un strumento per conoscere e ricordare curiosità ed episodi poco conosciuti: i vituperia del poeta Rustico Filippi “il Barbuto” e la tenzone d’improperia fra Dante e “Bicci”, gli scherzi del pittore Buffalmacc­o

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