Corriere Fiorentino

Mori, il re degli ostacoli (nonostante gli infortuni)

Mori, livornese doc, è stato l’unico azzurro a vincere i Mondiali nella sua specialità Superando anche gli infortuni

- Di Marco Massetani

E alla fine si mise in testa un cappello a cilindro tricolore. Come per ribadire quello che era riuscito a tirare fuori da una serata umida dell’estate andalusa, da un anello in tartan bollente di sudore e di polemiche, dal giro della morte diventato per lui il riscatto della vita: un oro mondiale nei 400 metri a ostacoli, primo (e finora unico) italiano a regalare una simile magia.

Tra i grandi azzurri di questa specialità — da Facelli a Missoni, passando per Morale e Frinolli — c’è un finanziere livornese classe 1969, Fabrizio Mori che ha fatto della semplicità il suo stile di vita e di sport, che detiene ancora il record nazionale (47”54 firmato ad Edmonton) e che nel 1999 si concesse il lusso di vincere il titolo iridato. Sorprenden­do tutti, perfino sé stesso.

Da piccolo era talmente agitato che mamma Maria pensò che in quella casa del quartiere popolare di Salviano, prima o poi, il ragazzino avrebbe combinato qualche danno. E così decise di mandarlo al campo scuola. Le gambe di Fabrizio Mori non volevano solo correre, volevano saltare, correre ancora e saltare di nuovo. Inizia con i 110 metri fino a quando l’altezza dell’ostacolo a 1.06 non impone a un fisico troppo normale (175 di altezza per 67 kg) di passare ai 400 metri con barriere più basse a 91 cm. Un giro intero di pista, il giro della morte. Dove tutto è diverso: distanza, tipo di preparazio­ne, gestione della gara. Cuore e testa, ritmo e fluidità, bilanciame­nto e potenza: un’alchimia da reinventar­e.

A 18 anni Fabrizio lascia la scuola e il suo scopritore Paolo Falleni per arruolarsi nella Guardia di Finanza. Arrivano presto i primi risultati (titolo italiano, argento ai Giochi del Mediterran­eo, vittorie in Coppa Europa). Ma è solo dal 1995, sotto la guida tecnica di Roberto Frinolli (nel 1968 primatista italiano nei 400 ostacoli con il tempo di 49”14) che qualcosa cambia nelle fibre muscolari dell’atleta e nella spirituali­tà di un uomo che ascolta la musica degli Aerosmith e che ammette di essere cambiato molto dopo la lettura di Siddhartha, il celebre romanzo di Hermann Hesse. Consapevol­ezza, forza interiore, nuovi equilibri. L’escalation ha inizio: sesto ai Giochi Olimpici di Atlanta 1996, quarto ai Mondiali di Atene 1997, bronzo europeo a Budapest 1998. Ma quando inizia la stagione che conduce ai Campionati del Mondo di Siviglia 1999, nessuno sembra concedere troppe chances al livornese, arrivato all’appuntamen­to iridato con solo quattro gare nelle gambe, con la vittoria in Coppa Europa a Parigi seguita da un’infiammazi­one al tendine e il rientro in pista a metà agosto ai Campionati Mondiali Militari di Zagabria, dove è battuto dal tedesco Hubert Goller. Nel mezzo, un meticoloso lavoro di preparazio­ne a Tirrenia.

E invece la scelta di dedicarsi a importanti carichi di lavoro, tralascian­do gli impegni agonistici a giro per il Mondo, si rivela vincente. A partire dal 20 agosto, nello stadio Olimpico de la Cartuja, scende il Mori che non ti aspetti. Altro che sparring-partner del francese Stéphane Diagana o del polacco Pawel Januszewsk­i. I tre turni di gare sono un toccasana per il livornese, un rodaggio ideale per riprendere confidenze con la pista affollata. In semifinale Fabrizio offre un’ottima prestazion­e, chiudendo secondo in 48”25 dietro a Diagana anche se l’euforia viene smorzata dall’annuncio di una squalifica: Mori è colpevole di aver calpestato la riga bianca della propria corsia tra il quinto e il sesto ostacolo. L’Italia presenta un ricorso che alla fine, in maniera tutt’altro che scontata, viene accettato. Il voto decisivo della Iaaf arriva dal russo Ter Ovanesyan, detto il principe Igor, lo stesso che avevano respinto i reclami di Fiona May nel salto in lungo. Mori è salvo, e resta in corsa.

Venerdì 27 agosto 1999, alle ore 21, è in programma la finale mondiale dei 400 ostacoli. Mentre a Siviglia il sole tramonta su una giornata torrida che ha fatto registrare 40 gradi all’ombra, a Livorno babbo Ennio ha posto per scaramanzi­a la bandiera italiana fuori dalla finestra. Casa Mori è invasa da parenti e amici. C’è il fratello Massimo, «cronometri­sta» personale di Fabrizio, c’è l’assessore allo sport Vezio Benetti. Un quartiere intero guarda la tv col fiato sospeso.

A Mori tocca in sorte la terza corsia, ideale per tenere sotto controllo Diagana e Januszewsk­i. Indossa occhiali con lenti gialle, il livornese, e polsini bianchi. Ha la catenina al collo. È il più piccolo tra gli otto concorrent­i. Parte più veloce rispetto ai suoi standard, davanti ci sono il francese e il polacco, come da copione, ma Fabrizio tiene bene sul rettilineo opposto dove già assapora il gusto di una medaglia. Perché la sua falcata è automatizz­ata, il salto delle barriere meccanico, l’appoggio del piede destro perfetto: sembra un robottino in canottiera impostato per superare le gesta umane. All’uscita della seconda curva è quinto, ed è qui, all’imbocco dell’ultimo rettilineo, che Mori come suo solito decelera più lentamente. Gli altri finiscono per schiantare, più che per rallentare. Prima Januszewsk­i, poi Diagana. Stremati, sfibrati, ormai inermi. Fabrizio li vede arrancare, li affianca, li supera, vince comodament­e in 47”72 davanti al francese e allo svizzero Marcel Schelbert. Nuovo primato italiano, ma soprattutt­o oro mondiale. L’allievo Mori ha battuto il maestro Frinolli.

Non sembra affaticato dopo il traguardo. Si mette in posa, mani sui fianchi, petto in fuori, a esibire la propria superiorit­à. Indica e saluta qualcuno tra il pubblico, prima dell’inizio del giro d’onore celebrato con la bandiera italiana sulle spalle e quel cappello tricolore a cilindro che farà la storia dei trionfi dello sport azzurro. Tra i francesi che s’incazzano e protestano, e che arrivano a presentare l’ennesimo ricorso per una presunta invasione di corsia commessa da Mori tra la curva e l’ingresso nell’ultimo rettilineo, ovvero tra l’ottavo e il nono ostacolo. La vittoria, talmente netta da non temere altre minacce, viene ufficializ­zata però solamente dopo la mezzanotte. Chapeau, Fabrizio.

 ??  ??
 ??  ??
 ??  ?? Sopra: la celebre immagine di Mori con il cappello tricolore dopo il trionfo iridatoIn alto: in gara A lato: con una delle tante medaglie vinte
Sopra: la celebre immagine di Mori con il cappello tricolore dopo il trionfo iridatoIn alto: in gara A lato: con una delle tante medaglie vinte
 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy