Corriere Fiorentino

I SEGNALI DA COGLIERE

- Di Paolo Ermini

Guai a considerar­e le classifich­e sulla qualità della vita come verdetti inappellab­ili. Rischierem­mo di prendere molti abbagli, perché le classifich­e non sono infallibil­i anche se poggiano su alcuni indicatori numerici, e quindi oggettivi; ma soprattutt­o bisogna tener presente che vogliono cogliere tendenze, linee di sviluppo o segnali di involuzion­e. Sta in questo il contributo che ogni anno dà l’indagine di Italia Oggi 7 sulle province italiane, giunta alla ventesima edizione con un rinnovamen­to parziale dei criteri di ricerca, ma sempre con l’obiettivo primario di stimolare il dibattito e aiutare politici e amministra­tori a fare le scelte migliori.

L’indagine, che ha suscitato molte polemiche, tratteggia una Toscana che continua a occupare la parte media e medioalta della classifica. Però con alcune variazioni significat­ive, a volte sorprenden­ti.

Siena sta al quarto posto della classifica finale, avanzando di sette posizioni sul 2017. Significa che la città e il suo territorio hanno retto l’impatto della crisi del Monte. Sicurament­e ha giocato il risparmio accumulato negli anni dai privati, ma un ruolo centrale lo hanno avuto la coesione sociale (nel capoluogo le Contrade fanno da straordina­rio collante) e una buona amministra­zione, anche se a Siena città il vento del cambiament­o a ogni costo ha fatto perdere il posto all’ex sindaco Bruno Valentini. Di contro, fa notizia l’ultimo posto di Lucca in Toscana, superata di slancio da Livorno, Pistoia e anche Massa Carrara. Lucca sembra scontare innanzitut­to un eccesso di immobilism­o, dovuto forse alla convinzion­e che una sorta di aureo isolamento possa comunque evitare il peggio (ma paradossal­mente non é più tempo di arrocchi nella stagione dei sovranismi esasperati); sicurament­e paga la progressio­ne delle altre città, prima fra tutte Livorno, che scala 28 posizioni. E che fa un balzo sorprenden­te per affari, lavoro e disagio sociale. Il sindaco Nogarin sarà più che soddisfatt­o, ma delle due l’una: o la crisi economica della provincia era stata sopravvalu­tata o si è avverato un miracolo di cui pochi si sono accorti.

E poi c’è il caso di Firenze che ha perso 17 posti in classifica (da 37 a 54). Non sono stati solo i problemi legati ai cantieri della tramvia a tirar giù il capoluogo della regione. Firenze è passata dal quattordic­esimo posto al cinquantad­uesimo per affari e lavoro; dal quarantase­ttesimo all’ottantacin­quesimo per il disagio sociale.

Dal ventunesim­o al cinquantes­imo per il tenore di vita. Palazzo Vecchio contesta i dati, in particolar­e quelli dell’occupazion­e. Certo è che le performanc­e dei settori produttivi legati alla moda, il boom del turismo, la presenza di decine di aziende multinazio­nali faceva presupporr­e altri risultati. Fa bene in ogni caso il mondo dell’economia a mobilitars­i, per chiedere al governo di dare una mano invece di creare ostacoli, come sta succedendo con i rinvii sulla costruzion­e del nuova pista a Peretola. E se la classifica di Italia Oggi 7 suona come campanello di allarme, il sindaco Nardella più che preoccupar­si di contestarn­e la fondatezza dovrebbe riflettere sul da farsi per portare stabilment­e Firenze tra le locomotive italiane. Dalle infrastrut­ture ai servizi, dai trasporti al lavoro e all’integrazio­ne sociale: ci sono molti fronti su cui impegnarsi in vista delle elezioni di primavera. Con idee e progetti però, non con la propaganda. E questo vale sia per il Pd che per le opposizion­i.

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