I SEGNALI DA COGLIERE
Guai a considerare le classifiche sulla qualità della vita come verdetti inappellabili. Rischieremmo di prendere molti abbagli, perché le classifiche non sono infallibili anche se poggiano su alcuni indicatori numerici, e quindi oggettivi; ma soprattutto bisogna tener presente che vogliono cogliere tendenze, linee di sviluppo o segnali di involuzione. Sta in questo il contributo che ogni anno dà l’indagine di Italia Oggi 7 sulle province italiane, giunta alla ventesima edizione con un rinnovamento parziale dei criteri di ricerca, ma sempre con l’obiettivo primario di stimolare il dibattito e aiutare politici e amministratori a fare le scelte migliori.
L’indagine, che ha suscitato molte polemiche, tratteggia una Toscana che continua a occupare la parte media e medioalta della classifica. Però con alcune variazioni significative, a volte sorprendenti.
Siena sta al quarto posto della classifica finale, avanzando di sette posizioni sul 2017. Significa che la città e il suo territorio hanno retto l’impatto della crisi del Monte. Sicuramente ha giocato il risparmio accumulato negli anni dai privati, ma un ruolo centrale lo hanno avuto la coesione sociale (nel capoluogo le Contrade fanno da straordinario collante) e una buona amministrazione, anche se a Siena città il vento del cambiamento a ogni costo ha fatto perdere il posto all’ex sindaco Bruno Valentini. Di contro, fa notizia l’ultimo posto di Lucca in Toscana, superata di slancio da Livorno, Pistoia e anche Massa Carrara. Lucca sembra scontare innanzitutto un eccesso di immobilismo, dovuto forse alla convinzione che una sorta di aureo isolamento possa comunque evitare il peggio (ma paradossalmente non é più tempo di arrocchi nella stagione dei sovranismi esasperati); sicuramente paga la progressione delle altre città, prima fra tutte Livorno, che scala 28 posizioni. E che fa un balzo sorprendente per affari, lavoro e disagio sociale. Il sindaco Nogarin sarà più che soddisfatto, ma delle due l’una: o la crisi economica della provincia era stata sopravvalutata o si è avverato un miracolo di cui pochi si sono accorti.
E poi c’è il caso di Firenze che ha perso 17 posti in classifica (da 37 a 54). Non sono stati solo i problemi legati ai cantieri della tramvia a tirar giù il capoluogo della regione. Firenze è passata dal quattordicesimo posto al cinquantaduesimo per affari e lavoro; dal quarantasettesimo all’ottantacinquesimo per il disagio sociale.
Dal ventunesimo al cinquantesimo per il tenore di vita. Palazzo Vecchio contesta i dati, in particolare quelli dell’occupazione. Certo è che le performance dei settori produttivi legati alla moda, il boom del turismo, la presenza di decine di aziende multinazionali faceva presupporre altri risultati. Fa bene in ogni caso il mondo dell’economia a mobilitarsi, per chiedere al governo di dare una mano invece di creare ostacoli, come sta succedendo con i rinvii sulla costruzione del nuova pista a Peretola. E se la classifica di Italia Oggi 7 suona come campanello di allarme, il sindaco Nardella più che preoccuparsi di contestarne la fondatezza dovrebbe riflettere sul da farsi per portare stabilmente Firenze tra le locomotive italiane. Dalle infrastrutture ai servizi, dai trasporti al lavoro e all’integrazione sociale: ci sono molti fronti su cui impegnarsi in vista delle elezioni di primavera. Con idee e progetti però, non con la propaganda. E questo vale sia per il Pd che per le opposizioni.