«La vera cucina italiana? Quella che resiste»
Allo Stensen il doc di Don Pasta, «I Villani», storie di contadini che rispettano la terra
«Ma chi l’ha detto che torniamo al passato? L’errore più grande, piuttosto, è quello di guardare al futuro dimenticandosi il passato».
A parlare è Salvatore, contadino e stornellatore di Alcamo, Sicilia. E poi c’è Luigina, allevatrice del Trentino che ha detto addio alla vita in città per dedicarsi alla coltivazione di erbe e ortaggi in campagna; i fratelli Michele e Santino Galasso, pescatori a Taranto, e ancora l’allevatore irpino Modesto con la figlia Brenda. Quattro storie che hanno in comune il rispetto per la terra, la passione per il proprio lavoro e la scelta di opporsi al sistema disumano dell’omologazione gastronomica globalizzata, di grande distribuzione e produzione intensiva: è la voce narrante di Lino Maga, simbolo del vino contadino amato da Pertini, Brera e Veronelli, a legare insieme vicende diverse nel nuovo documentario di Daniele De Michele (meglio conosciuto come Don Pasta) I Villani, che sarà presentato stasera (ore 21) al Cinema Stensen dopo l’esordio a settembre alla Mostra internazionale del cinema di Venezia.
«Questa gente mi raccontava il suo stare al mondo, il suo rapportarsi alla terra e alla storia del luogo che le aveva dato nascita. Era in questo intessersi delicato, talvolta ironico, talvolta doloroso tra i racconti intimi del loro vissuto e il loro cucinare con perizia, intelligenza, senso dell’osservazione che veniva fuori il senso più profondo della cucina italiana: il suo essere saggia, gustosa, parsimoniosa, rispettosa dei prodotti della terra e del mare», ha detto Daniele De Michele, regista, scrittore, economista, performer e soprattutto uno dei più inventivi «attivisti del cibo» secondo il New York Times, che dal 2001 utilizza i linguaggi dell’arte e della cultura per sensibilizzare sul tema dell’alimentazione sostenibile e della salvaguardia delle tradizioni culinarie del nostro Paese. I Villani è il suo ultimo progetto, un lungo viaggio attraverso le storie di uomini e donne, agricoltori, pescatori, allevatori che contiene una riflessione generale sul futuro della cucina italiana.
«Per mangiar bene bisogna rispettare i tempi della cucina, le stagioni, la terra e il mare, tutto ciò che la modernità non fa più. Ne viene fuori un conflitto tra le parti, una resistenza, una proposizione di un nuovo vivere che benché ancorato al passato diventa attuale e vitale». Insomma, la Terra ha più che mai bisogno dell’uomo. Perché il cibo non è solo nutrimento, ma un patrimonio collettivo irrinunciabile di storie, sapere vivo, amore.