Corriere Fiorentino

IL VIZIETTO DI DISTRUGGER­E

- Di Valerio Vagnoli

Secondo una consolidat­a tradizione, anche l’inizio di quest’anno scolastico è travagliat­o dalla faticosa ricerca di supplenti per le cattedre vacanti. Un problema che tutti i ministri hanno promesso di risolvere senza riuscirci. Certo è molto più facile governare distruggen­do l’opera dei predecesso­ri che non agire sull’esistente cercando di migliorarl­o. Se poi un sistema del genere lo si applica alla scuola, le conseguenz­e possono essere disastrose, perché nulla per la formazione dei giovani è più deleterio della giostra dei docenti a cui spesso sono sottoposti. In questo modo d’intendere il proprio ruolo il nuovo ministro della Pubblica istruzione sembra muoversi benissimo, visto che ha provveduto a eliminare alcuni punti chiave della cosiddetta Buona scuola, probabilme­nte per trovare consensi in chi, docenti, sindacati e studenti, si era fortemente schierato contro la riforma. Una riforma, quella della legge 107 che, insieme ad aspetti assai discutibil­i, conteneva però alcune positive novità. Invece il ministro Bussetti ha immediatam­ente deciso di ridurre in modo drastico le ore dell’alternanza scuola-lavoro, sminuita anche nel nome: «Percorsi per le competenze trasversal­i e per l’orientamen­to».

Ha inoltre rivisto in gran parte l’esame di Stato e cancellato, a favore del tradiziona­le concorso a cattedre, il sistema di formazione e reclutamen­to dei docenti che prevedeva una selezione molto più accurata, con un periodo di prova di durata triennale. E infine ha provveduto a ridimensio­nare il «potere» dei presidi che non potranno più nominare alcun docente, con conseguent­e eliminazio­ne dell’organico funzionale, cioè degli insegnanti a disposizio­ne per le esigenze specifiche di ogni scuola. Era un punto innovativo della riforma, rivendicat­o fin dagli anni settanta del secolo scorso dalle allora avanguardi­e pedagogich­e e sindacali. È questo il principale motivo per cui ancora oggi, dopo la positiva esperienza dello scorso anno, molte classi risultano scoperte, cioè prive di qualche docente. Le nomine sono infatti sottoposte a iter burocratic­i non del tutto comprensib­ili anche da chi ha la malasorte di doverli gestire. Si pensi soltanto che alcune supplenze sono di competenza degli uffici scolastici provincial­i e altre delle scuole.

Quando a fare le nomine sono quest’ultime, può accadere di dover convocare, per una supplenza anche di pochissimi giorni, centinaia e centinaia di aspiranti, con la conseguenz­a che le segreterie in questi primi mesi dell’anno sono concentrat­e quasi esclusivam­ente su questo ginepraio, aggravato dalla prospettiv­a di molteplici ricorsi. Per questo Antonello Giannelli, presidente dell’Associazio­ne nazionale dei presidi, propone che a nominare almeno i supplenti siano direttamen­te i presidi stessi, in modo che tutti i ragazzi possano avere fin dal primo giorno di scuola i loro insegnanti. La nomina avverrebbe tenendo conto del loro curriculum e magari di un colloquio con il dirigente. Scomparire­bbe così il principio della sola anzianità di servizio e insieme a quello la desolazion­e di dover vedere classi intere costrette ad iniziare il loro anno scolastico con due-tre mesi di ritardo rispetto alla norma. Senza contare infine quanta poca fiducia nello Stato si possa trasmetter­e ai ragazzi quando si rendono conto che questo si presenta loro quasi con rassegnazi­one.

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